Cuneo, alle battute finali il processo per la frode al Comune
Nei lavori spondali sullo Stura si trovarono ciottoli al posto dei massi ciclopici anti-alluvione. Il cantiere di Ronchi era in mano a una ditta della ândranghetaDove avrebbero dovuto esserci massi ciclopici câerano in realtĂ ciottoli, sabbia e materiali di risulta. Si parla dei lavori di difesa spondale eseguiti tra il settembre 2013 e lâaprile 2014 sugli argini dello Stura. Lavori che dovevano servire a difendere lâabitato di Ronchi dalle alluvioni, collocando lungo il greto una serie di massi ciclopici ingabbiati da strutture metalliche.
Peccato che quelle opere erano state eseguite tuttâaltro che âa regola dâarteâ. La Guardia di Finanza se nâera accorta fin dai primi sopralluoghi. GiĂ allora si era potuto constatare un parziale collasso dei cinque âpennelliâ posti sulla sponda sinistra del fiume, con lâintento di alleggerirne la portata da quel lato. Anche la scogliera posta a valle del viadotto autostradale, poi, presentava alcune evidenti criticitĂ .
Unâopera âdestinata a perire naturalmente perchĂŠ lâazione dellâacqua avrebbe fatto sĂŹ che questo complesso di massi, di dimensioni inferiori a quelle previste, cadesse su se stessoâ, ha affermato il pm Giulia Colangeli chiedendo la condanna a un anno di carcere per il direttore dei lavori e un suo collaboratore, a 10 mesi per altri tre imputati di frode nelle pubbliche forniture, falso ideologico e truffa aggravata. A rispondere di questi reati sono chiamati lâingegner Aldo D. dello studio HyM di Torino, autore del progetto preliminare e direttore dei lavori, il suo collaboratore Domenico R., il direttore tecnico del cantiere Amedeo DâU., la titolare della Madonna Costruzioni srl Giuseppina DâU. e il geometra Domenico R. della Icop srl, che non aveva alcuna carica nel cantiere ma ne sarebbe stato il direttore âoccultoâ.
La Madonna Costruzioni srl, insieme a unâaltra azienda edile del Salernitano, si era aggiudicata lâappalto da 800mila euro finanziato dalla Regione Piemonte su richiesta del Comune di Cuneo. Ma a subentrare âdi fattoâ nella direzione del cantiere e nellâesecuzione delle opere, secondo le accuse, sarebbe stata la Icop, una ditta di Antonimina (Reggio Calabria) il cui ex titolare, Massimo Siciliano, è stato arrestato nel 2014 e condannato a 10 anni e 8 mesi per associazione mafiosa. Insieme a lui è finito in carcere, con una condanna di 14 anni, il suocero Nicola Romano, ritenuto il capo della âlocaleâ di ândrangheta ad Antonimina.
âNon câera nessun contatto diretto tra il geometra e la Madonna Costruzioniâ ha affermato nella sua arringa il legale dellâuomo della Icop che la Procura ritiene essere stato âdi fattoâ a capo del cantiere di Ronchi. Lâavvocato ha parlato di âparziali riscontri testimoniali ma non documentaliâ a sostegno delle tesi accusatorie: è comunque certo che il Comune di Cuneo avesse negato alla Madonna Costruzioni la possibilitĂ di stipulare un contratto di subappalto. Per aggirare il divieto, lâimpresa salernitana avrebbe allora stipulato un contratto di ânolo a freddoâ, affittando escavatori e dipendenti ai calabresi.
Di un avvicendamento âufficiosoâ tra la Madonna e la Icop ha parlato anche la difesa di Amedeo DâU., direttore tecnico del cantiere e fratello della titolare dellâazienda appaltatrice. I problemi di salute del padre e le difficoltĂ che la Madonna stava attraversando, secondo il difensore, avrebbero giustificato la richiesta di sostegno alla Icop: âTra le due societĂ non câerano precedenti collegamenti. Il contatto con la Icop arrivò per il tramite di unâaltra impresa di Potenza con cui la Madonna aveva avuto rapporti di lavoroâ. Per questo âla Madonna srl dovrebbe essere considerata parte lesa come lo è il Comune di Cuneoâ, dal momento che Amedeo DâU. non poteva avere contezza di ciò che avveniva sul cantiere se non per il tramite del geometra R. e dei progettisti: âĂ un imprenditore giovane e inesperto, la sua unica colpa è di essersi fidato troppo di chi gli aveva suggerito di rivolgersi a quella dittaâ.
Il legale di Giuseppina DâU., amministratrice della Madonna Costruzioni, ha allo stesso modo respinto lâipotesi che vi fosse da parte sua la consapevolezza di recare un danno allâente pubblico. Ă stata contestata altresĂŹ la scelta del Comune di costituirsi come parte civile, nonostante i lavori di rifacimento fossero giĂ stati rifinanziati a spese dellâazienda, e chiedere i danni dâimmagine: âLa giurisprudenza ha chiarito che questo tipo di risarcimento può essere preteso dal Comune solo se chi arreca danni allâimmagine dellâente è un dipendente comunale o rappresenta in qualche modo lâamministrazioneâ.
La prossima udienza del processo, con le ultime arringhe e le eventuali repliche, è fissata per il 10 dicembre.
Andrea Cascioli

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