Gli eredi del fumatore possono chiedere il risarcimento: storica sentenza della Cassazione
Il caso riguarda un cuneese morto di cancro nel 2013. Aveva fumato in media due pacchetti al giorno per 45 anni: “Si apre la strada a cause analoghe” esulta il CodaconsQuando aveva iniziato a fumare da quindicenne, nel 1968, la nocività del tabacco sulla salute era un fatto “socialmente noto”, mentre non lo era “la correlazione specifica tra fumo e cancro” e altre gravi patologie. Per questo la terza sezione civile della Cassazione ha accolto il ricorso presentato dai familiari di un residente della provincia di Cuneo, G.V., morto nel 2013 per una neoplasia polmonare.
Per quarantacinque anni aveva fumato in media due pacchetti di Marlboro. Quando è morto, i suoi eredi hanno intentato una causa contro la British American Tobacco spa e l’amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Rigettata in un primo tempo dalla Corte d’Appello di Torino e accolta, invece, dalla suprema corte. È un precedente storico, osserva il Codacons, nel quale si stabilisce come “la consapevolezza circa i rischi legati al fumo da parte dei fumatori non possa essere un criterio generale da seguire per rigettare i ricorsi dei familiari delle vittime”.
La Cassazione ha rinviato la causa all’esame della Corte d’Appello, che in diversa composizione dovrà ora procedere a un nuovo esame delle richieste degli eredi. Nell’ordinanza pubblicata lo scorso 25 luglio i giudici osservano che la presunzione di consapevolezza sui danni del fumo “risulta, invero, non essere stata assunta all’esito di un accertamento specifico della effettiva consapevolezza da parte della vittima della cancerogenicità del fumo”. Accertamento “indispensabile per ritenere quest’ultima in colpa”, dal momento che solo informando il fumatore del rischio a cui era esposto “si sarebbe potuto esigere una diversa condotta (non fumare, fumare meno, non aspirare il fumo, adottare altre cautele)”.
Va “certamente escluso” che nel 1968 “fosse socialmente nota la correlazione tra fumo e cancro” e che perciò quella del fumatore deceduto sia stata una “consapevole scelta edonistica”. Solo con una legge del 1990, osservano gli ermellini, l’asimmetria informativa è stata colmata senza che per ciò venga meno “l’obbligo di dimostrare di aver adottato ogni misura atta ad evitare il danno”. A titolo di esempio si citano l’adozione di filtri, la produzione di sigarette con una ridotta quantità di catrame e altre sostanze e l’informazione sui rischi.
Il Codacons ha assistito la famiglia nei vari gradi di giudizio con gli avvocati Carlo Tommaso Gasparro e Angelo Cardarella. “Si tratta di una decisione importantissima - commenta ora il presidente dell’associazione consumatori, Marco Maria Donzelli - perché sconfessa le tesi di diversi tribunali italiani secondo cui chi inizia a fumare è pienamente consapevole dei rischi sanitari corsi e della possibilità di sviluppare gravi patologie. Ora la Corte d’appello di Torino dovrà di nuovo esaminare la vicenda e, se saranno accolte le richieste degli eredi e dei legali Codacons, si aprirà la strada ad altre cause risarcitorie analoghe in tutta Italia”.

Cancro - Cassazione - Fumo - Cronaca - codacons