La paziente accusa un neurochirurgo di violenza sessuale: in aula i testi
La giovane cuneese aveva parlato di un’ispezione vaginale impropria, oltre a carezze e avances. La psicologa racconta: “Si sente in colpa per non aver reagito”Sfilano in tribunale i testimoni di un processo che vede sotto accusa per violenza sessuale un neurochirurgo con studio privato a Cuneo. A portarlo in tribunale è stata la denuncia di una giovane paziente, ventisettenne all’epoca dei fatti. Racconta di essere stata sottoposta a una visita condotta con metodi impropri e culminata in un’ispezione vaginale eseguita senza indossare i guanti.
“Avevo intuito che ci fosse qualcosa di storto, sbagliato, schifoso, ed ero turbata da questo” ha confidato, in lacrime, davanti ai giudici. Tutto ciò sarebbe accaduto dopo che lei si era presentata da sola presso lo specialista, raccomandatole dal fisioterapista che l’aveva in cura già da tempo per un forte dolore lombare. Il fisioterapista è tra i testimoni che hanno parlato nell’udienza odierna del processo. Ha confermato di essere stato lui a consigliare la visita neurochirurgica, eseguita da un medico con cui collabora da tempo: la paziente, con la quale aveva a sua volta un rapporto confidenziale, avrebbe dovuto sottoporsi a una risonanza.
Invece non si era più fatta vedere: “È tornata dopo la visita con il neurochirurgo, abbiamo fatto ancora un paio di visite e poi non l’ho più vista” ha raccontato il teste. Molto più incerta, tanto da attirare i rimproveri del presidente della corte, la sua deposizione su quanto era accaduto in seguito: il fisioterapista ha affermato di aver dapprima mentito al neurochirurgo, suo amico personale, sulle ragioni per cui era stato convocato in Questura a seguito dell’avvio delle indagini. In seguito, però, i due si erano confrontati sull’accaduto: “Non te ne posso parlare, è una cosa veramente pazzesca. Non stiamo al telefono, ascolta me” lo si sente dire in una delle intercettazioni in possesso della Procura.
Sul banco dei testimoni è salita anche la psicologa che ha avuto in cura la persona offesa per tre anni. Il percorso di psicoterapia, spiega, era cominciato proprio a causa di quel trauma: “Ha raccontato di aver fatto accertamenti relativi a dolori lombari, durante le visite aveva vissuto un episodio molto spiacevole che l’aveva scioccata”. La paziente, aveva detto agli inquirenti, “si sentiva in colpa per non aver reagito all’abuso e non essersi accorta di cosa stava accadendo: questo sentimento di colpa è emerso ancora nelle ultime sedute”.
“Non ho detto che ero a disagio perché avevo molto dolore alla schiena, volevo solo che qualcuno mi dicesse cosa avevo” aveva affermato la ragazza. A testimoniare l’atteggiamento equivoco dello specialista, secondo lei, concorrerebbero altri dettagli, a cominciare dal fatto che il medico non avesse chiesto nessun compenso a fine visita. Ma non solo: “Mi diede il numero di telefono personale e mi disse di scrivere un messaggio per fargli sapere come stessi, cosa che nella prima visita non aveva fatto. Prima di aprire la porta mi aveva anche dato una carezza sulla testa, dicendo ‘mi raccomando scrivimi un messaggino, non mi fare preoccupare’”.
Tutti particolari menzionati nei successivi colloqui con la psicologa, ma anche con altre persone con cui lei si era confidata: i genitori, il medico di famiglia, la ginecologa, un’amica incontrata la sera stessa per un aperitivo. “Lei è arrivata in ritardo, - ricorda l’amica - cosa strana: era molto turbata, mi ha raccontato la ragione. Era veramente scossa, piangeva e non si capacitava: mi stava raccontando una cosa molto intima che era successa solo poche ore prima”. L’episodio, aggiunge, “ha modificato un po’ i termini della nostra amicizia: è un argomento di cui parliamo spesso e certamente non è un episodio piacevole di cui discorrere”.
“Ero dispiaciuta e molto preoccupata per lei, in ogni caso era forte del sostegno del padre e della madre che avevano una condotta molto ferma a riguardo” aveva sottolineato, nella sua deposizione, la ginecologa a cui la ragazza si era rivolta. Anche il suo medico di famiglia ha memoria del colloquio avvenuto a distanza di poco tempo: “Ha chiesto se fosse normale, io ho detto che non è assolutamente normale nella mia esperienza. Non mi è mai successo di fare un’esplorazione vaginale senza chiedere il consenso e senza un’infermiera presente”.
L’istruttoria proseguirà il 24 ottobre con l’audizione di altri testimoni.

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