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    CARAGLIO - Tuesday 19 August 2025, 18:55

    Sei accusati per la morte di Anisa: “La famiglia attende giustizia”

    Negli atti della Procura un dito puntato anche contro chi firmò i lavori al biolago: “Difformi dal progetto esecutivo”. Il braccialetto della bimba? “Era sbagliato”
    Sei accusati per la morte di Anisa: “La famiglia attende giustizia”

    Poche parole in attesa di leggere gli atti d’indagine, quelli che i difensori hanno già in mano e che la parte civile deve invece conoscere: “La famiglia Murati ha sempre atteso con fiducia la chiusura delle indagini preliminari, quale passaggio necessario per fare chiarezza sulla dinamica e sulle responsabilità dei soggetti coinvolti. Ora che questa fase si è conclusa, la famiglia ripone fiducia nel procedimento giudiziario, affinché venga fatta piena giustizia”. Così parla l’avvocato Noemi Mallone, a nome dei genitori della piccola Anisa, la bimba di sette anni che partì la mattina del 17 luglio di un anno fa per una gita da cui non è mai tornata. Lo strazio di una famiglia e di un’intera vallata, poi tredici mesi di indagini per cercare di capire cosa sia accaduto davvero quel pomeriggio al biolago di Caraglio.

    L’avviso di conclusione delle indagini preliminari, notificato dal sostituto procuratore Alessia Rosati a sei persone, delineano un quadro composito, fatto di tante responsabilità diverse in un’unica tragedia. Sotto accusa c’è il gestore del bioparco AcquaViva di Bottonasco, Roberto Manzi, che era stato il primo indagato per omicidio colposo insieme alla responsabile del gruppo di animazione parrocchiale che aveva accompagnato i bambini dell’Estate Ragazzi da Demonte. Ma c’è anche un’altra animatrice appena maggiorenne, e poi il parroco di Demonte, don Fabrizio Della Bella, che quel giorno non era presente: gli si contesta una sorta di responsabilità “posizionale”, come avviene sovente negli incidenti sul lavoro.

    Ancora distinta è la posizione degli altri due indagati, il progettista e direttore dei lavori Stefano Ferrari e il responsabile dell’ufficio tecnico comunale Graziano Viale. Furono loro a firmare il certificato di regolare esecuzione dei lavori che la Procura ritiene però falso, perché non corrispondente al progetto esecutivo approvato. Mancavano, in particolare, alcuni presidi di sicurezza: punti di accesso circoscritti e raggiungibili solo tramite pontili muniti di scalette, una recinzione delle sponde del bacino, una separazione con galleggianti tra la zona dedicata ai non nuotatori (profonda 1,10 metri) e quella dei nuotatori dove l’acqua arriva invece fino a 3,75 metri di altezza. E anche una cartellonistica che segnalasse, in modo evidente, i valori di profondità dell’acqua e pendenza a bordo del bacino.

    Per i due tecnici l’accusa è anche di falsità ideologica in atto pubblico. A tutti gli indagati la Procura imputa condotte caratterizzate da “imprudenza, negligenza e imperizia”. Nel caso del gestore, in particolare, pesa la questione della carenza di bagnini, già emersa nelle prime fasi delle indagini: quel giorno erano in servizio in due, di cui uno solo al momento dell’allarme. Avrebbero dovuto essere in quattro. Manzi, secondo gli inquirenti, avrebbe dovuto predisporre un documento di valutazione dei rischi più adeguato di quello in vigore, giudicato “carente”. Insufficiente anche il numero degli animatori che accompagnavano la comitiva di bambini, che sarebbe giunta peraltro “senza preavviso”. Il parroco li avrebbe lasciati partire “pur essendo consapevole che fossero soliti agire con imprudenza, negligenza e imperizia”.

    C’è poi il tema dei braccialetti: Anisa lo aveva al polso, ricordano i testimoni. Ma era quello sbagliato, secondo quanto si apprende dagli atti: alla bambina sarebbe stato dato un braccialetto arancione, quello riservato ai nuotatori, anziché di colore verde come doveva essere per i più piccoli. Una svista che il magistrato imputa alle animatrici, insieme a un presunto ritardo nell’allertare i soccorsi.

    Gli indagati hanno venti giorni di tempo per la presentazione delle memorie difensive, prima che il pm formuli al giudice per l’udienza preliminare le richieste di rinvio a giudizio. Papà Jetmir e mamma Rezafe, intanto, attendono: “Voglio diventare una dottoressa, salvare la gente” raccontava la piccola Anisa in casa. Un sogno spezzato troppo presto, sotto gli occhi dei suoi eroi di bambina in camice bianco.

    Andrea Cascioli
    luogo CARAGLIO
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    Tag:
    omicidio - Caraglio - Demonte - Indagini - Cronaca - Anisa Murati - biolago
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