Spari al campo nomadi, la pistola non si trova: assolto il presunto “vendicatore”
Era accusato di aver intimidito l’uomo che aveva intrecciato una relazione con sua figlia minorenne: “La Cavalleria Rusticana di un padre esasperato”Gli spari ci sono, la pistola non si è mai trovata. Furono cinque colpi di una calibro 38 a turbare la quiete notturna del campo nomadi di Cerialdo, alle porte di Cuneo, il 3 febbraio di cinque anni fa.
Un’azione intimidatoria senza la volontà di far male, conferma il pm che ha seguito le successive indagini: chi aveva sparato contro quell’abitazione era andato a colpo sicuro, tirando in alto e centrando un locale, la cucina, che si supponeva essere in quel momento vuoto. Anche in base a questa circostanza gli inquirenti si erano orientati sull’ipotesi di un regolamento di conti tra residenti del campo.
“Sapevamo che c’erano questioni familiari” ha spiegato in aula l’assistente capo Alberto Giostra, uno degli agenti della Squadra Mobile che seguirono il caso. Nello specifico, la frequentazione tra il marito della donna che risiedeva in quella casa, 28enne all’epoca dei fatti, e la figlia ancora minorenne dell’uomo che è poi finito a processo per detenzione illegale di armi e minaccia. La ragazzina era fuggita tempo prima in Toscana, assieme al destinatario dell’“avvertimento” che si era trasferito in un altro campo.
Su chi fosse davvero presente in casa in quel momento non ci sono certezze: la moglie del 28enne, che chiamò il 112 verso le tre e mezza di notte, ha in seguito negato di essersi trovata lì insieme a sua figlia, una bambina di sette anni. Nessuno peraltro ha mai sporto denuncia in seguito all’accaduto. Una conferma delle intimidazioni è arrivato dall’autore della “fuitina”: “Tre mesi prima del fatto, il padre della ragazza mi ha aveva detto che dovevo restare a casa mia e che sua figlia sarebbe tornata da lui” ha ammesso il testimone. Sostenendo, però, che la questione era ormai risolta: “Quando sono tornato a Cuneo eravamo a posto. Sarei potuto andare da mia moglie, ci eravamo messi d’accordo tramite altre persone”.
Il sostituto procuratore Pier Attilio Stea pensa invece che il movente fosse proprio “il mancato rispetto del ‘consiglio’ di non farsi più vedere intorno” da parte del 28enne. Lo proverebbero anche le intercettazioni telefoniche, con imprecazioni e minacce da parte dell’imputato: “C’è stata una sorta di Cavalleria Rusticana, un padre esasperato dal trattamento verso la figlia non ci ha visto più”. Per lui, oggi detenuto per altra causa, la Procura aveva chiesto la condanna a due anni e sei mesi.
L’avvocato Rosalba Cannone, difensore dell’imputato, ha sottolineato soprattutto la possibilità che qualcuno, a conoscenza dei fatti, avesse voluto approfittarne per regolare altri conti in sospeso: “Nessuno mi può dire che non ci fossero altre persone che potevano avere lo stesso movente e la stessa possibilità. Era una vicenda di cui tutti erano a conoscenza e qualcuno poteva cogliere il momento giusto”.
Il giudice Marco Toscano ha pronunciato una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste. Ci sarà però un supplemento d’indagine, per falsa testimonianza, a carico della coppia destinataria dell’“avvertimento” e di altri residenti del campo di via del Passatore: “Abbiamo una totale chiusura e omertà relativa all’episodio” aveva rilevato in proposito il pm.

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