Uno scambio di scarpe dopo l’incidente per mentire su chi era alla guida
“Aiutami, sennò perdo il lavoro” aveva detto il conducente all’amico, dopo lo schianto sulla strada per Limonetto. Lui aveva accettato, poi ci ha ripensato“Mettersi nelle scarpe degli altri”: un proverbio che invita a considerare il punto di vista di qualcun altro, a esercitare l’empatia prima di decidere. Nel caso specifico, però, si è trattato di un vero e proprio tentativo di confondere le acque, dopo un incidente che aveva coinvolto entrambi i protagonisti di questa vicenda.
Lo schianto era avvenuto nel settembre 2020 sulla strada per Limonetto, intorno alle quattro del mattino. Tre giovani a bordo di una Honda Jazz: guidava E.S., alessandrino, sull’auto di proprietà della madre del passeggero alla sua destra. Dietro sedeva un altro amico. Nessuna grave conseguenza, per fortuna, ma il ragazzo aveva implorato gli altri due di concordare una versione di comodo prima dell’arrivo dei soccorritori. In ballo, diceva, c’era il suo lavoro di corriere: se gli avessero ritirato la patente avrebbe rischiato di perderlo.
L’incidente, secondo i due testimoni, era in effetti una responsabilità del guidatore. Il giovane procedeva a velocità sostenuta, raccontano, e al momento di imboccare una curva pericolosa a sinistra aveva perso il controllo della Honda: aveva tirato il freno a mano, ma non era bastato a evitare l’impatto. Chi ne era uscito peggio era stato proprio il passeggero del lato anteriore, il quale si era rotto un braccio e aveva anche perso conoscenza per alcuni istanti, dopo essere uscito dall’auto.
“Dissi la verità ai miei genitori dopo tre giorni, all’inizio ero scosso” ha raccontato in seguito, dopo aver ritrattato la versione di comodo. Anche l’altro amico ha confermato di aver detto una bugia “a fin di bene”. I carabinieri avevano trovato il ferito sdraiato su un prato e gli altri due giovani nelle immediate vicinanze: “Addirittura pareva che i due si fossero accordati scambiandosi le scarpe, per rendere più verosimili le dichiarazioni” ha fatto notare, in aula, il pubblico ministero. Per le lesioni, superiori al 40 giorni, l’accusa aveva chiesto la condanna dell’imputato a un mese di reclusione e 15 giorni di sospensione della patente.
La parte civile si è associata alla richiesta di condanna, evidenziando il disvalore del comportamento connotato da “una certa scaltrezza” da parte dell’imputato. “I carabinieri non hanno riscontrato violazioni amministrative, i ragazzi stessi dichiarano che non aveva bevuto e non era sotto effetto di stupefacenti” ha osservato invece il difensore, chiedendo le attenuanti e la sospensione della pena.
Il giudice ha condannato il giovane a tre mesi di reclusione con pena sospesa, più una sospensione della patente per la durata di sei mesi. Al giudizio civile è rimessa la quantificazione del danno, dopo la concessione di una provvisionale per 15mila euro.
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