Entra nel profilo Instagram della ex e pubblica un video sessuale, condannato lo stalker

Trentotto minuti, quanto basta per entrare di nascosto nel profilo Instagram della ex compagna, pubblicare un video che la ritraeva durante un atto sessuale e lasciare che la “pubblica voce” del social facesse il resto. “Un’intrusione nella vita della persona offesa per demolirla e vilipenderla, in forma addirittura più offensiva di quelle che siamo soliti trattare” secondo il parere del sostituto procuratore Francesca Lombardi, che per questo atto aveva domandato il massimo della pena: tre anni di reclusione.

Una richiesta sostenuta dai precedenti penali dell’uomo (“attinto da svariati procedimenti penali secondo un cliché inquietante”, sempre a detta dell’accusa) e in particolare dalla condanna, definitiva, per atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa. Lei, una madre fossanese, aveva raccontato di aver addirittura perso la custodia dei figli a causa di quella relazione malata: “La sua gelosia mi ha portata a trascurare tutto il resto”.

Quando la donna aveva denunciato l’intrusione informatica c’era già l’altra querela, pendente. Il 1 aprile del 2022 lei aveva trovato quel video sulla pagina social e aveva subito sospettato che potesse trattarsi di lui. Ad avvalorare il sospetto anche il cambiamento di impostazione nella privacy: il profilo, rimasto privato fino ad allora, era passato in modalità pubblica subito dopo la pubblicazione di quel video, a suo tempo inviato da lei al fidanzato tramite la app Messenger di Facebook. “Lui aveva le credenziali e lui aveva il video” sintetizza il pm: “Potrebbe bastare questo, ma sappiamo anche che il video è stato caricato con un telefono cellulare del tutto compatibile a quello in uso all’imputato”.

Un secondo accesso abusivo riguardava le comunicazioni di Whatsapp. La persona offesa ha spiegato di essersene resa conto perché il suo ex compagno era a conoscenza di questioni di cui lei aveva discusso solo con i familiari. Il consulente nominato dalla Procura ha confermato che è possibile, tramite Whatsapp web, collegare un profilo aggiuntivo: “E così è successo, l’imputato aveva agganciato sia il suo profilo che quello della donna. Sono stati trovati nel suo cellulare miniature e screenshot, in molti casi rimossi, che danno conto delle conversazioni della signora con soggetti terzi”.

La difesa, rappresentata in aula dall’avvocato Paolo Verra, ha parlato di un rapporto sentimentale “particolarmente ossessivo, caratterizzato da gelosie reciproche”. “Una relazione malata, - secondo il legale - fatta di chiamate vicendevoli con il solo scopo di controllare l’altro”. L’accesso al profilo “nasce dal fatto che lo scambio di username e password era reciproco: il rapporto tra i due era geloso, ossessivo e malato ma non si può sostenere che lui abbia carpito le credenziali”.

Il giudice Alberto Boetti ha infine condannato a sei mesi l’imputato.

FOSSANO