Denunciato per spaccio dalla ex convivente, finisce assolto in tribunale
In casa dell’imputato a Ceva c’erano quattro grammi di hashish. “L’ho denunciato perché aveva preso a calci il suo cane” ha raccontato la donnaA fare arrabbiare la sua compagna era stato un maltrattamento di cui lei era stata testimone: “Aveva un cane, un cucciolo di corso. Il cane aveva fatto pipì sul pavimento e lui l’aveva preso a calci”. Dalla successiva denuncia della donna, tossicodipendente, è scaturito il processo nei confronti di A.O., pregiudicato marocchino residente a Ceva. Non per maltrattamenti all’animale, ma per spaccio.
In casa dell’uomo infatti i carabinieri avevano rinvenuto quattro grammi di hashish e 400 euro in contanti, sequestrati insieme all’iPhone dell’indagato. Un quantitativo sufficiente per smerciare cinquantacinque dosi di “fumo”. In quell’alloggio, racconta la ex convivente, avrebbe nascosto anche cocaina, nelle gambe del letto: “Il fumo invece lo aveva seppellito vicino a un albero in un condominio. So che aveva una cantina, la partita più grossa la teneva lì. Io non sono mai entrata”.
La loro era stata una relazione breve, nata su Facebook. “Mi aveva detto di abitare a casa della ex, una ragazza che aveva messo incinta perché voleva la cittadinanza italiana” ha riferito la ex, all’epoca residente a Imperia: “Lui sapeva che fumavo il crack e allora me l’aveva proposto”. Quando la donna aveva infine deciso di lasciare quel posto, dopo una decina di giorni, l’amico avrebbe preteso il saldo di tutta la cocaina che aveva consumato gratis. Per questo i due erano andati a Mondovicino: “Ho comprato dei vestiti sia per me che per lui, aveva detto che avremmo scalato dalla somma che gli dovevo per la droga”.
Per l’imputato il pubblico ministero Anna Maria Clemente aveva chiesto la condanna a un anno e sei mesi, ritenendo non concedibili le attenuanti “anche per i gravi e numerosi precedenti”. “La quantità di hashish è non modica, ma può far parte della riserva di una persona dipendente” ha obiettato l’avvocato Roberto Tesio. La vicenda si è chiusa con un’assoluzione da parte del giudice Elisabetta Meinardi.

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