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    MONDOVÌ - Friday 23 May 2025, 15:15

    Picchiava la moglie perché lei voleva laurearsi: condannato a tre anni

    “Lui le ripeteva ‘sono io il tuo padrone’” racconta una delle due figlie, rievocando le violenze subite dalla madre per oltre un decennio
    Picchiava la moglie perché lei voleva laurearsi: condannato a tre anni
    È una storia di rancori e aggressività, protrattisi per anni, quella raccontata da una cinquantenne residente a Mondovì e dalle due figlie nel processo a carico dell’ex marito e padre di famiglia. Il giudice Francesca Grassi ha condannato l’uomo a tre anni e quattro mesi di reclusione, a fronte di una richiesta di tre anni e sei mesi formulata dalla Procura.
     
    Lei si è definita “una donna miracolata”, parlando della violenze subite. I due si erano conosciuti nella natia Sicilia, appena ragazzini: il matrimonio a diciassette anni dopo una “fuitina” e poi il trasferimento nella Granda, per motivi di lavoro ma soprattutto - sostiene la donna - perché lui si allontanasse da certe brutte compagnie. “Volevo salvare la famiglia a tutti i costi” spiega: avrebbe continuato a provarci per oltre trent’anni di matrimonio, cercando di ignorare la propensione all’alcol del marito e perfino le botte.
     
    Il “padre padrone” contestava soprattutto la scelta della moglie di proseguire gli studi, fino alla laurea e al conseguimento di due master. “Lo facevo per migliorare la condizione economica della famiglia, ma anche per ampliare i miei orizzonti” ha spiegato: “Lui me l’ha sempre rinfacciato, mi diceva ‘chi c… ti credi di essere’”. Dal 2009 le cose erano peggiorate sempre di più, ha raccontato l’autrice della querela: “Era arrivato a bere due litri di vino al giorno e addirittura si voleva licenziare dalla fabbrica per cui lavorava. Quando beveva diventava cattivo con me, diceva che lo volevo comandare”. Dopo una lite, in particolare, l’aveva spinta verso il fornello a gas e bruciata: “Una dottoressa mi consigliò di andare al Pronto soccorso, io non l’avevo fatto perché non si può rovinare una famiglia”. Nemmeno con la loro famiglia, quella di origine, poteva davvero confidarsi: “I miei erano lontani, gli avrei dato solo preoccupazioni. Il padre di lui beveva e picchiava la madre a sua volta, per questo non mi confidavo nemmeno con loro: cosa avrei potuto dirgli, vostro figlio mi alza le mani addosso? Per loro era normale”.
     
    Solo nel 2022 sarebbe arrivata la denuncia, mentre i maltrattamenti non facevano che aggravarsi: “All’inizio lui mi chiedeva scusa e prometteva che non avrebbe più bevuto, dopo era sempre colpa mia. Non ho mai vissuto atti di violenza in casa, sono cresciuta nell’amore e volevo che anche per le mie figlie fosse così: pensavo che sarebbe cambiato per loro”. Dopo un ennesimo litigio violento, per i soliti problemi di alcol, era maturata nella donna una presa di coscienza: “Ho capito che sarei potuta morire per mano di mio marito, come lui aveva minacciato. Dieci giorni dopo la visita in ospedale mi ha contattata la Questura: mi hanno detto che dovevo fare denuncia, poi sono stata due mesi in una casa protetta dell’Orecchio di Venere”.
     
    Una delle due figlie, oggi entrambe maggiorenni, ha rievocato il racconto della madre di quell’episodio: “Mi ha detto che le aveva stretto il collo e che lei aveva sempre meno forze. Poi era riuscita ad afferrare un arancio sul tavolo e a tirarlo, rompendo gli occhiali di mio padre e divincolandosi”. “Ha sempre subito e sempre coperto, tante altre cose sono venuta a saperle dopo: parlo di aggressioni fisiche e sessuali” ha aggiunto la ragazza, sul banco dei testimoni: “Lui inizialmente diceva solo di voler morire, poi la sua aggressività si è trasformata in un’aggressività verso di lei: le ripeteva ‘sono io il tuo padrone’”.
    Andrea Cascioli
    luogo MONDOVÌ
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    Tag:
    violenza sulle donne - Mondovì - donne - Maltrattamenti - Cronaca - Alcol - processo
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