Altro che “notti magiche”: nei palloni lanciati in carcere c’erano iPhone e cavetti
L’arsenale tecnologico sequestrato da un agente al “Morandi” di Saluzzo ha portato alla condanna di due campani, zia e nipote: “Mai vista una cosa simile”La coincidenza con gli Europei del 2021, vinti dalla Nazionale di Mancini quattro giorni più tardi, è solo casuale. Ciò in cui si cimentava un giovane di Casoria (Napoli), A.M., dopo aver scavalcato la prima recinzione del carcere “Rodolfo Morandi” di Saluzzo, era tutt’altro che un esercizio di bravura calcistica.
Nei tre palloni che aveva lanciato al di là del muro di cinta c’era infatti un vero arsenale tecnologico: 13 microcellulari, due iPhone e altri due smartphone, uno smart watch, cinque chiavette usb, una micro sd, 12 microsim e 13 cavetti usb per ricaricare i telefoni. “In diciassette anni di carriera non avevo mai visto una cosa simile” spiega l’assistente capo Michele Di Bardi, all’epoca in servizio al “Morandi”, ripercorrendo in tribunale l’accaduto. Era stato lui a sorprendere l’intruso, munito di cuffiette, all’interno del perimetro: “Ho visto un pallone volare e poi lui che scavalcava. Quando sono arrivato i tre palloni erano già dentro”.
Insieme all’improbabile cannoniere è finito a processo, per tentato accesso indebito a dispositivi di comunicazione da parte di detenuti, anche una donna, G.T., che lui aveva qualificato come sua zia. I carabinieri l’avevano fermata a breve distanza dal carcere e identificata insieme a un nipotino. La guardia non ha saputo specificare se i due visitassero regolarmente il carcere o avessero rapporti con qualcuno dei reclusi. Quanto all’indebito accesso nella struttura, avvenuto alle spalle del reparto semiliberi, è emerso che il sistema anti scavalcamento non funzionava in quel punto.
La speranza, con ogni evidenza, è che nessuno prestasse troppa attenzione ai palloni e allo “strano rumore” sentito dagli agenti penitenziari quando li avevano afferrati: “I palloni sarebbero stati recuperati dai soggetti che avevano maggiore libertà di spostamento nel carcere, per poi consegnarli a quelli detenuti nel reparto di alta sicurezza” ha osservato il pubblico ministero Anna Maria Clemente. “Dai droni ai palloni, la fantasia non ha limiti pur di far recapitare qualcosa all’interno del carcere” ha aggiunto la rappresentante della Procura, chiedendo la condanna di entrambi gli imputati a otto mesi.
La difesa della donna, rappresentata dall’avvocato Alberto Crosetto, aveva cercato di dimostrare l’insussistenza di un concorso da parte sua: “Ci dobbiamo chiedere cosa ci facesse quella sera vicino al carcere, ma non basta il dubbio”. L’avvocato Livio Garnerone, difensore del coimputato, ha sostenuto invece che l’azione non fosse davvero idonea ad ottenere il suo scopo: “Come fa una persona normale a calciare ad altezza superiore a dodici metri tre palloni resi pesanti dal contenuto di cellulari e cavi usb?”.
Per il giudice Mauro Mazzi, però, ce n’è quanto basta: zia e nipote sono stati condannati a cinque mesi di reclusione ciascuno, con il beneficio della sospensione condizionale.

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