L’agguato di Manta sotto la lente dei Ris: “Chi sparò poteva colpire dal furgone”
Per il tentato omicidio di un giovane muratore albanese sono a processo due connazionali. Il colpo di pistola sulla provinciale provocò un incidentePoteva sparare da un furgone, allineato a un’auto in corsa, l’uomo che la Procura accusa di aver progettato ed eseguito l’agguato nei confronti di un muratore albanese 28enne a Manta, due anni fa? Sì, rispondono i Ris di Parma, chiamati ad esprimersi sull’esito dei rilievi balistici eseguiti nell’ultima udienza del processo che vede due uomini, anche loro albanesi, alla sbarra per tentato omicidio.
La vittima quel giorno guidava lungo la provinciale 203, appena fuori dall’abitato di Manta. Un altro automobilista che lo soccorse ricorda di aver visto un furgone affiancare il veicolo e superarlo, poco dopo l’auto aveva sbandato finendo in una bealera: “L’impressione è che fossero in una fase di faticoso sorpasso, ma abbastanza affiancati. A un certo punto ho visto l’auto andare giù nel fossato”.
Il giovane ferito dallo sparo, che lo aveva colpito sotto l’ascella, dice di aver visto più volte il furgone di un suo conoscente quel mattino: “Si è messo dietro di me, aveva i fari abbaglianti accesi, poi mentre mi sorpassava ho visto il fuoco del colpo di pistola che ha spaccato il vetro”. I carabinieri erano stati i primi a raccogliere la sua testimonianza, mentre era in procinto di entrare in sala operatoria: nonostante i forti dolori e la situazione caotica, il 28enne aveva riconosciuto il suo presunto aggressore. All’origine dell’astio nei suoi confronti, ha poi spiegato in tribunale, ci sarebbe un movente passionale: “Pensava che io avessi una storia con la sua ragazza. Lei mi aveva aiutato con i documenti, la patente, niente di più”.
Il maresciallo maggiore Lorenzo Talamelli dei Ris ha accertato la presenza di polvere da sparo sul furgone di proprietà di Altin Jakini, un impresario edile quasi coetaneo della vittima (a processo con lui c’è un dipendente, accusato solo di favoreggiamento). Un primo stub, effettuato su un’area troppo estesa, aveva fornito pochi riscontri. Il secondo esame invece aveva portato al rinvenimento di numerose particelle di piombo, in prossimità del lato passeggero destro: “Elementi a supporto del fatto che l’arma potesse essere posizionata in corrispondenza del finestrino o appena fuori” sostiene il maresciallo capo Stefano Orsenigo.
“Abbiamo elementi coerenti - aggiunge il militare - per escludere lo sparo con un’arma posizionata all’interno dell’abitacolo”. Il collega Talamelli, però, afferma che la mano del conducente sarebbe rimasta dentro l’abitacolo mentre i colpi venivano esplosi. Il brigadiere capo Saverio Paolino ha riferito infine in merito al riconoscimento del presunto complice: era lui, dice, l’uomo filmato da alcune videocamere mentre portava il furgone a Torre San Giorgio, nella stessa giornata. Il prossimo 3 dicembre il processo riprenderà con l’escussione di altri testimoni del pm.
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