Un tentativo di ricatto dopo l’“occupazione” di casa: c’è la condanna

C’è una pena di tre anni e sette mesi di carcere, insieme a una sanzione pecuniaria di 2.500 euro, per il cittadino marocchino che nel gennaio del 2021 tentò di estorcere una forte somma a un uomo che aveva ospitato lui e il suo gruppo di amici. “Mi hanno chiesto 2.500 o 3.500 euro in contanti, dicendo che sennò mi avrebbero accusato di molestie su un loro amico minorenne, che io nemmeno conoscevo” ha ricordato in aula la vittima del ricatto, un 43enne residente nel Saluzzese.

Per A.E., ideatore dell’estorsione, la condanna è arrivata dopo la denuncia della vittima ai carabinieri. L’uomo si era avvicinato a una volante di passaggio, mentre l’imputato e i suoi amici lo stavano “scortando” a prelevare il denaro a Saluzzo. L’intero gruppo era stato quindi identificato e accompagnato in caserma.

Una volta in tribunale, il 43enne ha spiegato di aver conosciuto A.E. e altri ragazzi del suo “giro” per il tramite di un amico: “In quel periodo questi ragazzi frequentavano casa sua. A parer mio era più un’occupazione, in quanto lui è un ragazzo disponibile e un po’ fragile”. Proprio sfruttando questa conoscenza, il gruppo aveva attirato la persona offesa a Cardè: la scusa, dice, era la richiesta di un passaggio in auto per il loro comune amico, rimasto bloccato dopo una festa.

L’amico però non era lì. C’erano gli altri, che avevano perfino convinto la vittima designata ad ospitarli: “I ragazzi hanno insistito per venire a casa mia perché non avevano mangiato e avevano fame, dicendo che il mio amico ci avrebbe raggiunti presto”. In seguito, invece, si era scoperto che lui non era mai andato a Cardè: “Era rimasto a Saluzzo e gli altri mi avevano fregato, perché non sarei mai andato a prendere persone che nemmeno conoscevo. Ho saputo in seguito che il suo appartamento era stato devastato per circa 20mila euro di danni”.

“Sapevano della mia omosessualità perché il mio amico li aveva informati, ma di più non so” ha dichiarato inoltre. Di qui, forse, l’idea di spillare soldi con una falsa accusa. Dopo la notte trascorsa nell’abitazione del 43enne, A.E. e un altro avevano fatto scattare la trappola: “Al momento di andar via si sono messi a parlare in arabo tra loro: ho acceso immediatamente il registratore del telefono, perché pensavo che qualcosa non andasse”. Per l’ulteriore accusa di furto, relativa alla sparizione di un televisore dall’abitazione, i giudici hanno pronunciato una sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto.

SALUZZO