Equo compenso, welfare, pensioni ed elezioni 2018: intervista a Chiara Gribaudo
'La formazione è la migliore cura alla disoccupazione'Alle 18 di oggi sarà all'Ippogrifo Bookstore di Cuneo per colloquiare con Piero Fassino che presenta il suo libro "PD davvero". Prima di questo importante appuntamento, abbiamo incontrato Chiara Gribaudo, deputata di Borgo San Dalmazzo e responsabile lavoro del Partito Democratico, con cui abbiamo fatto una chiacchierata a 360 gradi.
D. On. Gribaudo, partiamo dalla fine. Il Senato ha approvato il Decreto Fiscale, all'interno del quale è stato introdotto l'equo compenso per i professionisti che è una sua battaglia personale. In cosa consiste?
R. La norma dell'equo compenso è stata fortemente voluta dal Partito Democratico all'indomani della sentenza di Catanzaro che ha ritenuto legittimo l'affidamento a 1€ di un incarico per i professionisti per la riedizione di un piano regolatore. Proprio in virtù di quella sentenza, abbiamo ritenuto opportuno, all'interno di uno degli ultimi atti normativi di questa legislatura, inserire una norma che potesse ridare un po' di giustizia e di equità ai professionisti nei confronti del primo committente in Italia, la Pubblica Amministrazione. Una norma di principio, una norma che apre a tutti i professionisti ed a tutte le categorie che ne faranno richiesta, una norma di equità nei confronti della Pubblica Amministrazione, delle banche e delle assicurazioni.
D. Un provvedimento, dunque, che va a "tutelare" quella grande platea di lavoratori che erano rimasti esclusi dal bonus di 80 euro?
R. Certamente. Non dimentichiamo che la crisi economica non è esplosa in questi ultimi anni, ma risale al 2007. Una crisi, prima finanziaria, che ha poi avuto ricadute sulla vita economica e sociale di tutto il paese. In tutti questi anni, dal 2007 al 2012, i dati ci dicono che abbiamo perso oltre un milione di posti di lavoro e, contestualmente, le professioni si sono impoverite dal punto di vista reddituale. Essendo il lavoro autonomo comunque una libera scelta, non era stato possibile riconoscere economicamente qualcosa a chi ha compiuto questa scelta, come invece è stato fatto ad inizio legislatura con i lavoratori dipendenti e con gli 80 euro. Ricordo che le riforme degli anni 90 e 2000 hanno tolto sempre a qualcuno (vedi ad esempio la riforma sulle pensioni), ma non hanno esteso ad altri almeno qualcosina, come abbiamo provato a fare noi. Se si toglie un pochino a tutti, possiamo e dobbiamo dare un pochino a tutti: questa la logica che abbiamo provato ad attuare. Siamo convinti che se si riequilibrano un po' le distanze, che sono ancora tante, forse riusciamo a generare un miglioramento complessivo. Con la Legge 81, a cui ho lavorato per 3 anni e che ha visto la luce nello scorso mese di giugno, abbiamo esteso delle tutele minime di garanzia. Abbiamo, forse per la prima volta in questo paese, portato una concezione per la quale non esiste il lavoratore di serie A e di serie B tanto più in un mercato del lavoro che cambia ad una velocità vorticosa e che dunque non è più quello di qualche anno fa. Siamo nel pieno della quarta rivoluzione industriale, abbiamo la necessità di essere più flessibili, ma allo stesso tempo dobbiamo dare più strumenti di welfare e di tutela a tutti. Bisogna però capire che le tutele non sono più quelle a cui si è abituati perchè c’è bisogno di affrontare i tanti problemi contemporanei con modelli e soluzioni diverse. In questo senso bisogna essere seri, non si può parlare soltanto per slogan, bisogna fare buona amministrazione e buona regolazione.
D. Pensate di esserci riusciti?
R. Semplicemente abbiamo cercato di sostituire delle forme di tutela che si confacevano al mercato del lavoro di alcuni decenni fa con delle norme che siano attuali e ben si adattino alla struttura del mercato del lavoro di oggi, cercando di incidere sull'abbassamento del costo del lavoro che rimane ancora piuttosto alto nel nostro paese. Ricordiamoci sempre che è quella l'operazione che abbiamo fatto e continuiamo a fare con questa legge di bilancio, soprattutto a tutela dei più giovani, con la decontribuzione per i neoassunti. Un'altra scelta è stata quella di portare gli ammortizzatori sociali anche alle piccole aziende perchè non dimentichiamoci che l'Italia non è fatta solo di grandi aziende, è fatta di piccole e medie imprese ed in tal senso il nostro territorio cuneese ne è un esempio. Immaginate un artigiano, in un momento di difficoltà, che non poteva accedere alla cassa integrazione, con il Jobs Act ora questo è possibile. Purtroppo questo è uno dei tanti elementi che nei dibattiti non emergono e dei quali dunque la gente spesso non è a conoscenza.
D. Un'altra sua grande battaglia è quella sulla "formazione" dei lavoratori
R. Certamente. La Legge 81, di cui abbiamo parlato prima, prevede lo sgravio fiscale del 100% per i corsi di formazione rispetto al 50% che c'era prima, mentre tramite ANPAL, l’agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, abbiamo introdotto l’assegno di ricollocazione per i lavoratori dipendenti che vengono licenziati, per sostenere i costi della loro riqualificazione. E' fondamentale per il lavoratore essere al passo con i tempi, soprattutto nel momento in cui resta senza lavoro. Naturalmente l'auspicio è che chiunque possa svolgere il proprio lavoro anche per tutta la vita, ma sappiamo che oggi non è detto che ciò accada, e per questo bisogna trovare le soluzioni adeguate a partire proprio dalla formazione. Un lavoratore "formato" sarà molto più appetibile per qualsiasi azienda e impiegherà meno tempo a trovare un nuovo lavoro.
D. In Italia le aziende hanno ripreso ad assumere?
R. I dati ci dicono che è così, certo non ancora al ritmo che vorremmo, ma non dimentichiamo che questo è un paese in cui per aprire un'azienda occorrono due anni, mentre all'estero bastano due mesi.
D. Non si può fare nulla per "curare" questa anomalia tutta italiana?
R. Il referendum costituzionale dello scorso dicembre conteneva elementi di semplificazione, anche in questo senso. Purtroppo i cittadini lo hanno bocciato.
D. Parliamo di pensioni. L'aspettativa di vita media degli italiani continua, fortunatamente, a crescere, dunque l'entità economica dei fondi previdenziali continua giocoforza a salire. Siamo in grado di sostenere questa situazione? Come se ne esce?
R. Se ne esce lavorando ad esempio sul porre un freno al debito pubblico, cosa che è avvenuta in questi anni. Se uno vuole fare l'amministratore serio, il politico serio, deve sapere e dire che noi abbiamo un alto debito pubblico dovuto agli errori commessi in passato e che abbiamo una spesa pubblica che per l'80% è assorbita dal sistema previdenziale. Ciò nonostante non possiamo continuare a chiedere lo sforzo sempre ai più deboli.
D. E' per questo che il Governo ha introdotto la "diversificazione" dell'età pensionabile? Di fatto, alcune categorie di lavoratori potranno andare in pensione prima.
R. Certo, l'abbiamo introdotta perchè è del tutto evidente che ci sono lavori e lavori. Ci sono i lavori cosiddetti "usuranti" che effettivamente diventano pesanti già a 50 anni, mentre ci sono altri lavori che si possono svolgere tranquillamente per molti più anni. Da qui la scelta del Governo di andare incontro a certe categorie. Ci sono persone che hanno iniziato giovanissime a lavorare e per tutta la vita hanno svolto un mestiere usurante; non possiamo dire a queste persone che andranno in pensione a 67 anni perchè l'aspettativa di vita è stata rivista al rialzo. Queste persone devono essere realmente tutelate e vanno mandate in pensione prima. Dunque i fattori da considerare, a pari età anagrafica, sono l'anzianità lavorativa e la gravosità del lavoro svolto. Riassumendo, più aspettativa di vita non significa necessariamente dover lavorare di più, però occorre fare un ragionamento serio a partire dalla tutela dei più svantaggiati. Sulla previdenza, mi lasci dire un'ultima cosa. Vorrei che non si dimenticasse che abbiamo esteso la quattordicesima mensilità a tutti i pensionati più poveri.
D. Si sente tanto parlare di "flat tax". Non è più attuale per un partito di centrosinistra parlare di alzare le aliquote IRPEF di chi guadagna di più?
R. Partiamo dal presupposto che a nessuno, sano di mente, piace aumentare le tasse. Tuttavia la Costituzione, a cui la mia vita politica si ispira da sempre, ci insegna che ognuno deve contribuire in maniera proporzionale rispetto a quello che ha. Trovo demagogica la discussione sulla "flat tax", ma è sintomatica di chi la pensa in questo modo perchè significa fare gli interessi dei più ricchi e creare ancor più diseguaglianza sociale. Senza dimenticare poi che occorrerebbe trovare le coperture per attuare il sistema dell'aliquota unica che è una scelta che considero non seria e iniqua. Chi ha un po' di più deve riuscire a dare un po' di più, chi ha un po' di meno, darà di meno. Questo è il principio che ci ispira.
D. Una questione che ha fatto tanto discutere nei mesi scorsi è stata quella relativa ai voucher per i lavoratori. Perchè sono stati aboliti?
R. Ho ancora in mente il titolo dell'Huffington Post nel quale Roberto Speranza dice "Via i voucher, altrimenti salta il Governo". C'è stata una forte pressione politica da parte della sinistra tutta e della CGIL. Pressione della quale, per tenere unito il partito, il PD si è fatto carico agendo di conseguenza. Il voucher aveva il vantaggio del "taglio dell’intermediazione" e certamente aveva qualche "difetto" che andava corretto e che si poteva correggere, come il fatto che fosse esteso a troppi settori. Il voucher, se circoscritto a certi lavori "residuali" era e resta uno degli strumenti migliori.
D. Uno sguardo alla sua Cuneo. Cosa pensa dell'elezione di Flavio Manavella quale segretario provinciale del Partito Democratico?
R. Sono molto contenta della sua elezione. Veniamo da un percorso politico simile, anche se io sono più giovane (ride) e condividiamo l'esigenza di lavorare per il bene del Partito Democratico. E' stato un bravo amministratore locale, dunque sono sicura farà bene anche in questo nuovo importante ruolo.
D. Parliamo delle elezioni politiche del 2018. Il Partito Democratico nasce con vocazione maggioritaria. In vista delle prossime elezioni politiche, però si sta dando da fare per stringere alleanze a sinistra ed al centro. Che cosa deve fare e che cosa farà il PD?
R. Il PD nasce con vocazione maggioritaria e con la necessità profonda di mettere assieme culture politiche affini per superare le vecchie ideologie e dare una prospettiva diversa al paese. In questa legislatura abbiamo provato, attraverso il referendum costituzionale ed una nuova legge elettorale, a rivedere e alleggerire lo stato, senza però trovare il necessario consenso da parte dei cittadini. Ci siamo così trovati, anche e soprattutto su richiesta delle altre forze politiche, a dover cambiare la legge elettorale nelle ultime settimane. Abbiamo provato a fare una proposta al Movimento 5 Stelle e sappiamo come è andata. Ne abbiamo fatta un'altra in cui si è raggiunto un accordo sul Rosatellum bis che è una legge elettorale che prevede le alleanze. Lo abbiamo fatto, ribadisco, proprio perchè ci veniva chiesto da molte forze politiche e dal presidente della Repubblica. Fatta questa doverosa premessa, è naturale che con un sistema elettorale che prevede le alleanze, qualunque forza politica si guardi intorno per cercare di trovare, laddove possibile, un accordo. L'importante è che si parli di contenuti. Se tutti mettiamo da parte i personalismi e mettiamo al primo posto un programma che sia di interesse per il paese, sono convinta si possano trovare le condizioni per lavorare insieme anche a coloro con i quali ci sono state diversità di vedute nel recente passato.
D. Sembra chiaro il riferimento a MDP. Ci sono altre forze politiche con cui state dialogando?
R, Con chiunque decida di sedersi attorno ad un tavolo insieme a noi a ragionare su cosa vogliamo fare nei prossimi cinque anni, su come vediamo l'Italia nel prossimo futuro e su qual è il progetto politico che ci accomuna. Su queste basi, io dico, noi dialoghiamo con MDP, ma anche con Emma Bonino e con altre forze.
D. E' aperta una trattativa anche con quell'area moderata che ha sostenuto i vostri governi?
R. Loro sono stati nostri alleati nei governi di coalizione degli ultimi anni, dunque è giusto ed è corretto che ci sia un confronto con loro così come con tutti. Ciò non significa che si arrivi ad un accordo.
D. Se, come sembra probabile, all'indomani delle elezioni politiche del 2018, il Parlamento sarà diviso in tre, senza che nessuna delle coalizioni abbia i numeri per governare da sola, cosa farà il Partito Democratico?
R. Il Partito Democratico, come ha già fatto cinque anni fa, si metterà nuovamente a disposizione del Presidente della Repubblica perchè siamo e dobbiamo essere persone serie che lavorano nell'interesse del paese, dunque saremo nuovamente a disposizione per fare la nostra parte.
D. Sareste dunque eventualmente anche disponibili a fare un governo con il Movimento 5 Stelle?
R. Dipende da quelle che sono le condizioni. Noi siamo a disposizione per lavorare per il bene dei cittadini. Noi non siamo quelli delle proteste, siamo quelli che provano a lavorare e a fare. Noi, sicuramente, non ci sottrarremo alle nostre responsabilità. L'importante è che ci sia un rapporto serio e corretto tra le forze in campo.
Fabio Rubero
CUNEO Chiara Gribaudo