A Cuneo il 21,5% dei giovani non studia e non lavora: chi sono i Neet
Il fenomeno è diffuso in tutta Italia, con percentuali più alte nelle città del Sud. Il direttore del Dipartimento di Salute Mentale Francesco Risso: “I giovani non hanno mai sofferto come soffrono oggi”In Italia il 15,2% dei giovani nella fascia tra i 15 e i 29 anni non studia, non lavora e non frequenta percorsi di formazione. Il dato, diffuso dalla fondazione Openpolis e riferito al 2024, è superiore alla media europea, pari all’11%. Sono i Neet, acronimo inglese di Not in employment, education or training (cioè, non impegnato in un lavoro, in un percorso di istruzione o di formazione). È un fenomeno che, sebbene non riguardi tutta l’Italia allo stesso modo, coinvolge anche la provincia di Cuneo.
“Il fenomeno dei Neet rappresenta un problema significativo, e l’Italia a livello europeo è il secondo Paese con la percentuale più alta”, dice Francesco Risso, direttore del Dipartimento di Salute Mentale interaziendale dell’Asl Cn1 e dell’Azienda ospedaliera “Santa Croce e Carle” di Cuneo. “È un dato allarmante, che deve essere considerato un’emergenza sociale ed economica. Richiederebbe interventi mirati delle istituzioni per sostenere e incoraggiare i giovani nei loro percorsi”.
Come spiega il dottor Risso, sul fenomeno incidono numerosi fattori: dalla mancanza di orientamento scolastico all’isolamento delle famiglie, passando per la sofferenza mentale che caratterizza le nuove generazioni e la mancanza di dialogo. “Ci dovrebbe essere un collegamento maggiore tra il mondo della scuola e il mondo del lavoro. E bisognerebbe supportare di più – anche economicamente – le famiglie. Inoltre, il mondo dei social ha portato i genitori e i figli ad allontanarsi. Le persone parlano poco, si confrontano sempre meno”, aggiunge Risso.
I giovani di oggi vivono tra molti stimoli e innumerevoli possibilità da un lato e pressioni sociali ed economiche dall’altro. “Lo vedo tutti i giorni nella mia professione: i giovani hanno tantissimi problemi di ansia, di depressione e di ritiro sociale. Soffrono e si chiudono cercando di difendersi da questa società. Il fatto di non avere un lavoro o di non seguire un percorso di studio può anche essere la conseguenza di un disagio mentale che accompagna tanti di loro”. Inoltre, la presenza di numerose offerte, stimoli, aspettative e possibilità può portare anche a un disorientamento generale e, come spiega il dottore, c’è il rischio che qualcuno si scoraggi e si chiuda in sé stesso. “Dobbiamo considerare che i giovani non hanno mai sofferto come soffrono oggi. C’è un isolamento sociale che è agghiacciante, questa è una società di solitudini”.
Per avere un’idea del fenomeno si possono consultare i dati ISTAT rielaborati dalla Fondazione indipendente Openpolis, riferiti al 2020 e diffusi solo per le città con una popolazione superiore ai 5mila abitanti. A livello nazionale, i capoluoghi con la più alta percentuale di Neet nel 2020 erano Catania (42%), Palermo (39,8%) e Napoli (37,3%). Dall’altro lato della classifica, le città capoluogo con la percentuale più bassa erano Belluno (16,1%), Pesaro (16,4%) e Rimini (17,3%). Openpolis fa notare che i numeri devono essere usati con cautela perché sono riferiti al 2020, l’anno della pandemia da Covid-19, ma questi dati confermano altre analisi che hanno portato alle stesse conclusioni.
In provincia di Cuneo la città con la maggiore incidenza di giovani che non studiano, non lavorano e non seguono un percorso di formazione è Sommariva Bosco con il 21,9%, seguita da Cuneo con il 21,5%, una percentuale lontana dai capoluoghi italiani più virtuosi. Superano il 20% anche Ceva (20,4%) e Dronero (20,2%). Tra le altre città più grandi della provincia ci sono Mondovì con il 19,5% e Bra con il 18,9%. A Fossano invece la percentuale si attesta al 18%, mentre ad Alba al 17,6% e a Saluzzo al 17,5%. Le città più virtuose della Granda sono Cherasco con il 14,2%, Boves con il 14,8% e Peveragno con il 15,8%.
Se si analizza la situazione dei capoluoghi piemontesi, Cuneo è la città con l’incidenza più bassa (21,5%), seguita da Asti (22,5%) e Novara (23,2%). Al quarto posto si colloca Vercelli (23,1%) e al quinto Verbania (24,2%). In fondo alla classifica ci sono Torino e Biella (entrambe con il 24,3%) e, all’ultimo posto, Alessandria (26,4%).
“Da certe situazioni di immobilismo è molto difficile uscire”, conclude Risso. Secondo il dottore per contrastare il fenomeno dei Neet sarebbe necessario investire sulla scuola e sulle politiche a sostegno della famiglia. “Esistono anche esempi di realtà virtuose, che accompagnano i giovani, dando possibilità, spazi di confronto, luoghi di studio e di riflessione. Ma sono eccezioni. Bisogna intervenire velocemente per contrastare il fenomeno o questa generazione rischia di perdere il filo della vita”.

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