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CUNEO - Friday 10 October 2025, 07:00

I discorsi sulla salute mentale sono sempre più liberi dai pregiudizi, ed è merito soprattutto dei giovani

Secondo il direttore del Dipartimento di Salute Mentale Francesco Risso, molto però rimane da fare: “Come si parla di una visita dall’ortopedico, si dovrebbe parlare di psicologi e psichiatri”
I discorsi sulla salute mentale sono sempre più liberi dai pregiudizi, ed è merito soprattutto dei giovani

“I malati di mente li troviamo sempre in fondo a un viale di periferia, forse perché la loro immagine non turbi la nostra esistenza”. Con queste parole, nel 1968, il giornalista Sergio Zavoli apriva il documentario I giardini di Abele, raccontando le condizioni di vita delle persone con disturbi mentali. Per la prima volta, sugli schermi italiani era raccontata senza pregiudizi la realtà dei manicomi - in particolare quello di Gorizia, diretto da Franco Basaglia -, una realtà fino ad allora in gran parte nascosta. Nel documentario la malattia mentale è descritta con rispetto, senza ricorrere a stigmi o sensazionalismi, ma con l’intento di capire cosa significasse vivere con un disturbo psichico nell’Italia della fine degli anni Sessanta.

L’isolamento dei malati, però, aveva radici molto più antiche. “Alla fine del XVI secolo, allorché per razionalizzare la produzione - presupposto pratico della società borghese che inizia la sua ascesa al potere - si richiede l’emarginazione degli elementi socialmente improduttivi”, spiegava ancora Zavoli. “Il malato del villaggio, compatito e infine tollerato, diventa crudamente il matto alla cui anarchia si applica senza discriminazione l’ipotesi della pericolosità e dello scandalo. I lebbrosari rimasti inutilizzati per due secoli dopo la scomparsa della malattia ritrovano una loro popolazione - i matti appunto - e diventano nuove isole di esclusione, nuovi bacini di emarginazione della società dei sani”.

Nel tempo, la cura della malattia mentale è cambiata. “Ora, con gli psicofarmaci, la pericolosità è quasi spenta, ogni punta attutita. I ricoverati, gli ospiti, sono molto più liberi: si incontrano, si riuniscono, organizzano balli, feste, possono girare per l’ospedale”, raccontava Mario Tobino, direttore dell’ospedale psichiatrico di Lucca, nel libro Per le antiche scale (1972). All’epoca i manicomi erano ancora aperti, ma di lì a pochi anni, nel 1978, la cosiddetta “legge Basaglia” ne avrebbe decretato la chiusura, segnando una svolta nella cura e nell’assistenza ai pazienti psichiatrici.

Da allora, molto è cambiato: nessuno è più relegato ai margini della società, né ridotto a un numero o a motivo di vergogna. È mutato l’approccio alla cura, così come lo sguardo collettivo sulla salute mentale. Eppure, nonostante i progressi, la Giornata internazionale della salute mentale, che si celebra il 10 ottobre, ricorda ogni anno quanta strada resti ancora da fare.

Lo spartiacque

“Nel tempo la visione della malattia è cambiata molto, e c’è stata una particolare accelerazione dopo il Covid. La pandemia ha contribuito a diffondere informazioni sulla salute mentale ed è stato sicuramente un fatto positivo”, dice Francesco Risso, direttore del Dipartimento Interaziendale di Salute Mentale dell’Asl CN1 e dell’ospedale Santa Croce.

Secondo Risso, la diffusione del discorso sui disturbi mentali è stata favorita dai media, dai social network e dall’esposizione pubblica di personaggi dello sport e dello spettacolo che hanno condiviso le proprie fragilità. “Quindici anni fa la società era ancora impregnata di stigma, pregiudizio e vergogna. Negli ultimi anni qualcosa è cambiato: la collettività è più informata, i dipartimenti sanitari - un tempo chiusi - si sono aperti all’esterno, organizzano incontri nelle scuole, attività di divulgazione”. Ad ampliare la riflessione ha contribuito anche l’aumento dei disturbi mentali, oggi prima causa di disabilità nel mondo Occidentale. “Dopo la pandemia sono cresciuti del 30 per cento, soprattutto tra i 13 e i 24 anni”, aggiunge Risso.

Il cambiamento è visibile in diversi ambiti, a partire dalla scuola. Oggi molti istituti dispongono dello psicologo scolastico, che non solo offre supporto nei momenti di difficoltà, ma lavora anche sulla prevenzione. Ed è nella scuola che spesso possono essere intercettate situazioni di possibili disagi. “Tra i giovani - prosegue Risso - ai disturbi mentali si accompagna spesso l’uso di sostanze. I ragazzi si ammalano sempre prima e abusano di sostanze sempre più precocemente. Spesso sono sintetiche e difficili da individuare: a volte arrivano in reparto giovani che non sappiamo nemmeno cosa abbiano assunto”.

Nel tempo anche la medicina si è adattata al cambiamento. “I medici di base che un tempo indirizzavano dal neurologo, ora inviano dallo psichiatra. La sensibilità è cresciuta, sarebbe importante però parlarne di più anche in famiglia. I genitori dovrebbero interessarsi non solo alla salute fisica dei figli, ma anche a quella mentale. Non è facile: spesso i figli non vogliono parlare, e le famiglie, negli ultimi anni, sono state trascurate dalla politica, che non le ha sostenute”, spiega il dottore. “Un genitore informato e consapevole può però riconoscere, come un insegnante, un allenatore o un amico, i segnali di una sofferenza mentale”.

Le difficoltà che restano

Nonostante lo stigma e il pregiudizio legati alla salute mentale si siano ridotti, non sono ancora scomparsi. “In un mondo ideale, come si parla di una visita dall’ortopedico o dall’oculista, così si dovrebbe parlare anche di psicologi e psichiatri. Tra i giovani questo già accade: si fanno meno problemi a dire che chiedono aiuto. Le generazioni più anziane invece fanno più fatica, perché portano ancora il peso di un pregiudizio antico, legato all’istituzione totale, al manicomio”, commenta Risso.

Per il dottore è fondamentale costruire non solo una comunità informata, ma anche consapevole. “Alla consapevolezza che un figlio, un allievo o un atleta possano avere un disturbo mentale stiamo arrivando, poco alla volta”. Proprio con questo intento, il 10 ottobre, nelle principali piazze italiane - in Piemonte sarà in piazza San Carlo - saranno allestiti banchetti dove rivolgersi a esperti di salute mentale: psicologi, psichiatri, specialisti dei disturbi alimentari e operatori del SERT per le dipendenze. Prossimamente nel Cuneese sono previsti altri eventi sul tema: il 23 ottobre alle 17 presso la Sala Consiliare del Comune di Roccavione si terrà un incontro sui disturbi del comportamento alimentare, mentre il 30 ottobre sempre alle 17 nella Sala Consiliare del Comune di Roccavione si parlerà di educazione digitale. Gli appuntamenti rientrano nell’evento “Specchi&Schermi” organizzato da “L’Albero dell’Amicizia”.

I giovani restano i protagonisti del cambiamento: sono loro ad abbattere con più facilità lo stigma. Ma i disturbi mentali non hanno età: riguardano donne e uomini, bambini, adolescenti, adulti e anziani. Per questo è necessario che il cambiamento diventi più profondo. Superare lo stigma significa non provare vergogna, non giudicare, sentirsi liberi di chiedere aiuto quando serve, sapendo che le difficoltà possono essere superate. “I disturbi mentali vanno affrontati con coraggio, perché si guarisce. Non bisogna dimenticare che la salute mentale è fondamentale nella vita, a volte persino più di quella fisica”.

Micol Maccario
luogo CUNEO
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Tag:
salute mentale
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