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CUNEO - Wednesday 21 May 2025, 16:14

Ivan Teoli, da Robilante ai titoli con la Juventus Women: "Il calcio femminile mi ha conquistato"

Il preparatore delle bianconere racconta l'annata straordinaria con le bianconere e la scoperta di un mondo che non conosceva: "Grande emozione. Le ragazze hanno una dedizione al lavoro elevatissima"
Ivan Teoli, da Robilante ai titoli con la Juventus Women: "Il calcio femminile mi ha conquistato"
L’uomo che fa correre le campionesse della Juventus Women viene da Robilante. Si chiama Ivan Teoli, ed è uno dei segreti della memorabile stagione delle bianconere, che hanno realizzato il double vincendo scudetto e Coppa Italia. Una bella soddisfazione per un preparatore atletico che ha alzato i suoi primi trofei personali dopo tanti anni in casa Juventus. Esattamente 14, partendo dai più piccoli dell’attività di base per poi fare la trafila nelle giovanili e arrivare alla Primavera, dove è stato per 7 anni, incrociando la strada di giocatori diventati importanti come Kean, Yildiz, Fagioli, Miretti. Poi, la scorsa estate, l’opportunità di approdare alla prima squadra femminile, vivendo un’annata indimenticabile e mettendoci tanto di suo per fare arrivare fino in fondo alle competizioni le atlete bianconere.
 
Ivan, partiamo dall’inizio: da Robilante al mondo Juventus. Come è avvenuto? 
“Durante il percorso di Scienze Motorie, che ho fatto a Torino, ho avuto la possibilità di fare un periodo di tirocinio con gli Allievi Nazionali della Juventus. Io studiavo per fare il preparatore atletico, avevo come professore Claudio Gaudino, campione del Mondo con l’Italia nel 2006. Avevo mosso i primi passi nel Valvermenagna, la squadra del mio paese, dove avevo anche giocato. Con quel tirocinio mi sono fatto conoscere e successivamente mi hanno proposto di iniziare a lavorare con l’attività di base”.
 
E da quel momento non te ne sei più andato, facendo altre annate delle giovanili, prima di approdare alla Primavera.
“Sì, ho fatto un lungo percorso conoscendo anche personaggi importanti, come Fabrizio Ravanelli, con cui ero nella squadra Under 14. Un agonista nato, che continuava ad allenarsi da solo. Quindi sono arrivato all’Under 17 e infine alla Primavera, dove sono stato per 7 anni, vivendo un’esperienza importante, perché di fatto è la palestra dei grandi. Trovi giocatori che si devono preparare per diventare calciatori, ed in alcuni casi anche calciatori di un certo livello. Gareggi con i principali club italiani e internazionali partecipando alla Champions League giovanile, la Uefa Youth League. Davvero una bella esperienza che mi ha fatto crescere e mi ha responsabilizzato tanto, perché c’è da portare avanti una programmazione settimanale insieme all’allenatore, con cui si decidono piani e strategie”. 
 
Hai incontrato giocatori poi diventati importanti in quegli anni?
“Guarda, giusto l’altro giorno con l’album delle figurine contavo con i miei figli quanti giocatori che ho avuto poi sono arrivati in serie A o in serie B: sono circa 30, tra cui Yildiz, Kean, Fagioli, Miretti, Savona, Soulé, Nicolussi Caviglia, Mbangula, Kastanos, De Winter, Vogliacco”.
 
Quello che ti ha impressionato di più?
“Kean: una forza della natura. Già quando era in Primavera aveva uno strapotere fisico incredibile. Al tempo era un po’ indolente, ma diciamo che poteva anche permetterselo. Yildiz invece decideva lui quando si accendeva: talento mostruoso, ma anche gran lavoratore e professionista impeccabile. Come Soulè: è arrivato che era uno scricciolo, negli anni è cresciuto lavorando tanto. Ma anche Fagioli e Nicolussi, per citarne altri, avevano una qualità pazzesca”. 
 
Tra gli allenatori con cui hai lavorato invece c’è Paolo Montero. Cosa ci dici di lui?
“Lui incarna ed esprime nel migliore dei modi i valori della società Juventus. È una grande bandiera, in tutti i sensi, con lo stile Juventus. Con lui ho avuto un ottimo rapporto, aveva tanta fiducia in me. Mi spiace che non sia andato bene il suo percorso con la Next Gen”. 
 
Come è avvenuto il passaggio al calcio femminile?
“È stata una scelta societaria che io ho accettato subito. Si era liberata una casella, me l’hanno proposto e dopo 7 anni ho deciso di cambiare e di provare una nuova esperienza. E sono felicissimo di averlo fatta”.
 
Anche perché è stata un’annata straordinaria. Che emozione hai provato ad alzare due trofei?
“Sono state per me emozioni nuove, perché prima non avevo mai vinto dei trofei. Emozioni grandissime. La società dopo due annate non così positive, aveva richiesto tre obiettivi: provare a vincere campionato e Coppa Italia e fare bene in Champions League. Li abbiamo centrati tutti, una grande soddisfazione. Ma c’è una mentalità talmente sviluppata, che già c’è voglia di ripartire e pianificare la prossima stagione per vincere ancora”.
 
Per un preparatore cosa significa vedere la propria squadra stare bene fisicamente e andare forte fino alla fine?
“È un orgoglio, una grande soddisfazione. Vedere le ragazze essere fisicamente devastanti nella finale di Coppa Italia con la Roma vinta 4-0 è stato davvero bellissimo. Ma non sono sorpreso, perché vedendo come si allenano tutto l’anno, è normale che poi arrivino certe prestazioni. Qui ci sono una ventina di Nazionali di tutta Europa, parliamo di giocatrici di grandissimo livello”.
 
Lavorando quotidianamente con loro, chi ti ha impressionato maggiormente?
“Tante. Ti posso dire Cristiana Girelli, o Sofia Cantore, una forza della natura. Ma anche ragazze come Martina Rosucci, che era reduce da un grosso infortunio e attraverso il lavoro è tornata ad altissimi livelli; Cecilia Salvai, anche lei rientrata dopo un lungo stop. E poi Sara Gama: ce l’ho davanti in questo momento mentre parlo con te. La stagione è finita, lei si è ritirata ma si sta allenando”.
 
Per quel che riguarda il tuo lavoro, che differenze hai trovato rispetto al mondo del calcio maschile?
“Le ragazze hanno un approccio e una dedizione al lavoro elevatissimi. Hanno una disponibilità incredibile ad eseguire quello che viene proposto: piuttosto si distruggono, ma vanno avanti fino alla fine, dando tutto. Non ho mai visto una giocatrice risparmiarsi, per loro la parola ‘facoltativo’ non esiste. Gli uomini invece vanno un po’ più pungolati e ‘frustati’ (ride, ndr)”.
 
Il prossimo sogno professionale è l’approdo alla prima squadra maschile?
“Prima di questa stagione ti avrei detto di sì. Ma dopo questa esperienza, ti dico che sto bene dove sono. Il calcio femminile mi piace, si lavora bene, è un movimento in crescita e spero di poter dare il mio contributo per farlo migliorare ancora. Certo, se mi proponessero il salto nel maschile ci farei un pensiero, ovviamente. Ma in tutta sincerità, ora sono sereno e contento qui”. 
Gabriele Destefanis
luogo CUNEO
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Tag:
calcio - Juventus - Robilante - Femminile - teoli
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