LVIA in Guinea-Bissau: conferenza internazionale sulla risicoltura di mangrovia
Si è concluso il progetto che per sei anni ha lavorato per rafforzare la filiera agroalimentare legata ad un sistema agricolo strategico per la sicurezza alimentare in Africa occidentaleUna delegazione dell’associazione LVIA, guidata dal presidente Alberto Valmaggia, si è recata a Bissau, capitale della Guinea-Bissau, per partecipare alla conferenza internazionale sulla risicoltura di mangrovia – evento conclusivo del progetto Ianda Guiné! Arrus, coordinato da LVIA e finanziato dall’Unione Europea. Il progetto per sei anni ha lavorato per rafforzare la filiera agroalimentare legata al riso di mangrovia, un sistema agricolo tradizionale e al tempo stesso strategico per la sicurezza alimentare nella regione. Proprio Valmaggia ha avuto l’onore di aprire ufficialmente i lavori con un discorso che ha preparato in lingua portoghese, esprimendo soddisfazione e riconoscendo l’importanza del lavoro collettivo svolto.
Dal 27 al 29 maggio, la conferenza ha riunito oltre 150 partecipanti, inclusi 25 delegati internazionali provenienti da sei Paesi dell’Africa Occidentale, diventando così un’occasione unica di confronto e scambio tra agricoltori, ricercatori, istituzioni e società civile sulle molte forme che l’agricoltura di mangrovia assume in contesti ambientali e istituzionali diversi lungo i 550 km che in linea d’aria collegano la Casamance in Senegal, le due Guinee e il Nord della Sierra Leone.
L’incontro è stato fonte di ispirazione per la nascita di un vero e proprio movimento dei Popoli di mangrovia, impegnato nella tutela e valorizzazione di un sistema agroecologico unico, aperto tra terra e mare. Al centro, oltre 100.000 famiglie che su circa 250.000 ettari lavorano per garantire la propria sicurezza alimentare e rafforzare sistemi alimentari locali e sostenibili. Una visione regionale capace di superare barriere linguistiche e politiche, mettendo al centro la biodiversità, i saperi e le conoscenze delle comunità locali.
La risicultura di mangrovia: una pratica unica al mondo La risaia di mangrovia è essenzialmente suolo “rubato” al mare grazie a dighe che impediscono l’ingresso dell’acqua salata, e lasciando che inizi un processo di dilavamento del suolo seguito alle precipitazioni. Un sistema ingegnoso e sostenibile, che integra l’intervento umano con l’ecosistema della mangrovia. La particolarità risiede nel fatto che periodicamente, durante la stagione secca, viene fatta entrare l’acqua salata marina al fine di apportare nutrienti, prevenire lo sviluppo di infestanti, controllare l’acidità del suolo. Oggi, però, questo fragile equilibrio è minacciato dagli effetti della crisi climatica, tra la diminuzione delle piogge e l’innalzamento del livello del mare. Nel caso della Guinea-Bissau, la coltivazione del riso di mangrovia contribuisce a oltre un terzo della produzione totale di riso del paese. Questo significa che migliorare e rafforzare questo sistema ha effetti sia a livello nazionale che regionale, contribuendo a ridurre le importazioni, aumentare la sicurezza alimentare e nutrizionale, e favorire lo sviluppo di attività imprenditoriali. Qui il riso di mangrovia è molto più di una coltura locale. È un patrimonio culturale e agronomico, una pratica resiliente che racconta la storia di un territorio.
Bilancio e prospettive future
In questi 6 anni, il lavoro svolto è stato ampio e articolato, affrontando sfide complesse su più fronti: dalla formazione dei produttori alla ricerca tecnica, dalla costruzione di piste rurali e dighe alla gestione sostenibile dell’acqua. Accanto a questi aspetti, sono state portate avanti attività di sensibilizzazione e comunicazione nelle comunità, oltre al sostegno diretto a iniziative imprenditoriali locali, con l’obiettivo di rafforzare l’intera filiera del riso di mangrovia in una prospettiva integrata e duratura. Ad oggi si stima che il programma consente un incremento della produttività superiore al 50% (per ettaro e in fase di lavorazione), all’interno di un modello agricolo sostenibile privo di input chimici esterni.
L’impressione di tutti coloro che hanno preso parte al progetto Ianda Guiné! Arrus è stata di una vera esperienza collettiva che ha saputo coniugare scienza e tradizione, ricerca e comunità, tecnica e sapere ancestrale. Racconta Alberto Valmaggia dopo la fine della conferenza: “Per sei anni il progetto ha messo al centro le persone: i produttori, prima di tutto, veri custodi di una conoscenza tramandata da generazioni e profondamente legata alla terra. Il team LVIA nel Paese ha lavorato con impegno e dedizione, affrontando sfide complesse e superando ogni aspettativa. È un esempio autentico di cooperazione, che ho avuto il privilegio di vedere da vicino, e che ci incoraggia a guardare al futuro con fiducia, pronti a continuare e fare ancora di più”.
LVIA, con la sua presenza in 10 paesi in Africa, continua a lavorare a fianco delle comunità locali per costruire un futuro sostenibile e di pace. Per seguire le attività di LVIA è possibile visitare il sito www.lvia.it.
c.s.

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