Narbona (L’Arbouna)
Una Borgata fuori dal tempo
Vorrei provare a fare un immaginario viaggio nel tempo. Narbona, piccola borgata situata nell’alta Val Grana in un vallone a destra di Campomolino nel Comune di Castelmagno, come tante altre ha lottato per la sopravvivenza finché un giorno ha dovuto arrendersi all’abbandono. Nell’osservare la borgata, si ha la netta sensazione di una fuga da parte degli abitanti, partiti a fine anni cinquanta lasciandosi alle spalle la propria casa, letti, armadi e attrezzi da lavoro, ecc… Sembra che il tempo si sia fermato in quel preciso momento. Un fascino inquietante regna in questo angolo sperduto della Valle Grana, le sue case sono oramai ridotte a ruderi, aggrappate ad un ripido e impervio declivio dove le valanghe molte volte spazzavano e coprivano tutto isolandole completamente.
Narbona ha una storia unica e, per apprenderne i dettagli, la persona più autorevole e competente è sicuramente il mio amico Renato Lombardo, medico di Pradleves e della Val Grana per quarant’anni, ora in pensione, che vive a Caraglio. Con lui condivido la passione per la montagna e molte camminate. Oltre al rapporto medico-paziente egli ha instaurato con le persone della Val Grana un rapporto di amicizia, è stato ed è punto di riferimento nei momenti di difficoltà; inoltre possiede una profonda conoscenza della zona, della gente e della parlata occitana locale. Da sempre si è occupato del territorio e delle ricerche etno-antropologiche e naturalistiche in particolare di questa valle. È autore di un libro estremamente interessante e documentato, su Narbona “L’Arbouna la nosta” (Narbona la nostra, ciò che è stato), uscito a dicembre 2016, frutto di lunghe ricerche, testimonianze, interviste, fatti e foto storiche, che ho letto appassionandomi. Lo stesso autore aveva già pubblicato due libri, “Ciò che conta, le storie di Giacomo”, Pradleves 2014, e “Rem, ciò che resta, luoghi e leggende di Pradleves”, Caraglio 2015. Renato ha gentilmente accettato di collaborare a questo articolo. Brevemente ci darà informazioni su Narbona e dintorni, sui progetti di recupero e valorizzazione, sulle persone e ricerche che hanno contribuito alla realizzazione di questo libro
Sentiamo cosa ci racconta.
Quando ti inoltri in un luogo deserto per raggiungere un paese che non c’è più e del quale sono visibili soltanto le macerie è indispensabile che tu conosca la vastità dell’invisibile che soggiace sotto quel poco che vedi. Devi sapere quello che lì è stato quando quel mondo era ancora abitato. Soltanto così, illuminato dalla conoscenza e sorretto dai dettati della memoria, il tuo viaggio ti condurrà alla scoperta della difficile bellezza di quel luogo abbandonato. Vale per Narbona come per le mille borgate delle nostre montagne disertate dall’uomo.
Narbona, l’Arbouna in lingua d’Oc, è una borgata del comune di Castelmagno, situata a 1445 m s.l.m. Poiché però l’abitato ha uno sviluppo verticale e le curve di livello della carta 1:25.000 ci dicono che dalle case più in basso a quelle poste in cima all’abitato ci sono una settantina di metri, le abitazioni sommitali si trovano a 1510 metri circa. Raccontare la storia di un borgo è raccontare la storia di quanti lì sono vissuti. A Narbona di Castelmagno, anche se poco rimane da vedere in quel che è, possiamo ancora sempre immaginare e raccontare ciò che è stato. Narrare quello che è stato lassù, a l’Arbouna la nosta, è questo il proposito, l’intento che mi sono prefisso. Un progetto che spero di avere almeno in parte realizzato.
NARBONA LA NOSTRA è un libro di 526 pagine corredate di più di 300 foto a colori. Si tratta di un testo molto corposo (526 pagine divise in 31 capitoli) e vario, con capitoli documentali un po’ più impegnativi e altri narrativi di più facile lettura. Non siamo di fronte alle pagine di un romanzo che vanno lette in rigorosa successione. Il progetto iniziale prevedeva la pubblicazione, in tempi diversi, di una serie di “quaderni” tematici. Poi si è optato per un volume unico, nel quale ogni capitolo costituisse un mini-testo a sé stante e anche per questo ho scelto di dotarlo di una sua copertina. Tanti capitoli-libricini dunque che, a parte i due iniziali di presentazione, possono essere letti per scelta individuale in ordine sparso.
I capitoli che personalmente ritengo di maggior valore documentale (che sono anche quelli che hanno richiesto maggiore impegno) sono tre: quello dedicato alla lite millenaria tra Castelmagno e Celle per i pascoli, quello che tratta della lingua esclusiva di Narbona e quello che racconta la fiaba di “Pupacagne”, scritta nella parlata narbonese con traduzione in italiano.
Racchiusa nella sua comba, appartata dal mondo, l’Arbouna la nosta, ultima Thule della Valle Grana, da quattro secoli è lassù, presidiata dalle rupi che la circondano, incastonata nel verde scrigno degli alberi che allargano sempre più i loro rami, quasi volessero difenderla. I nostri pronipoti fra due o tre generazioni, vivranno in un mondo povero di biodiversità, nel quale si parleranno una decina di lingue. Racconteranno ai loro figli di un mondo mitico, il nostro di adesso, nel quale erano centinaia di migliaia le specie animali e vegetali presenti, e nel quale si parlavano ben 5.000 lingue, che erano addirittura 7000 appena quindici anni prima. Un vallone come quello di Narbona, luogo racchiuso, isolato dal contesto abitativo della valle Grana, con la sua borgata di case abbarbicate lungo un pendio al limite della verticalità, con la sua gente, una comunità di poco più di cento persone, tutte famiglie con lo stesso cognome, con una parlata diversa, meritevole di adeguati approfondimenti, costituisce un mondo esclusivo che non può non catturare e coinvolgere. Per questo, a tutela di ciò che è stato e ancora può essere, è sorto il comitato “Una casa per Narbona”, che conta numerosi adepti, tra i quali il sottoscritto, che da quarant’anni raccoglie memorie e testimonianze intervistando gli abitanti superstiti ed esaminando i documenti d’archivio disponibili. Dal frutto di queste mie ricerche, con la collaborazione di molte persone citate nel testo, è nato questo libro.
Raccontare la storia di un borgo è raccontare la storia di quanti lì sono vissuti. Narbona di Castelmagno: anche se poco rimane da vedere in quel che è, possiamo ancora sempre immaginare ciò che è stato. Un piccolo frammento di quel mondo perduto, questo ho voluto tentare di salvare con le parole nel mio libro. Frutto di quarant’anni di ricerche, questo libro è un tentativo di ricostruire il passato di una comunità basandomi sui ricordi di altri. Per proteggere qualcosa bisogna esserne innamorati. Il progetto “Una casa per Narbona”, di cui questo libro è espressione e parte integrante, col passare del tempo, a dispetto di una progressiva, innarestabile decadenza, quella per Narbona è diventata la personale predilezione di molti, è il frutto di un innamoramento collettivo. È nata così, nel 2013, la congregazione “Una casa per Narbona”, un gruppo di ricerca aperto al contributo di tutti coloro che hanno a cuore il futuro di questa borgata che può essere eletta a simbolo di quella che è stata la civiltà alpina non solo in questa valle ma su tutta la montagna in generale. In 4 anni di lavoro è stata realizzata a Campomolino la casa-museo di Narbona, è stato ripristinato il tetto della cappella della borgata, è iniziata inoltre una attività editoriale che prevede la pubblicazione di testi di vario genere dedicati a Narbona. Il libro L’Arbouna la nosta si inserisce in questo progetto. Fatto di testimonianze, racconti e ricerche, questo libro è un tentativo di ricostruire la memoria di un luogo appigliandosi ai ricordi di quanti lì sono vissuti e avvalendosi del contributo di tante persone appassionate. Le 524 pagine del testo sono il risultato di una affiatata coralità di intenti. L’Arbouna la nosta, Narbona la nostra, vuole essere un accorato canto d’addio a un passato che possiamo anche non rimpiangere, ma non potremo mai dimenticare. Un doveroso ringraziamento a Renato per la sua preziosa collaborazione. Una breve descrizione del percorso per raggiungere Narbona. La partenza è dalla piccola piazzetta di parcheggio soprastante la frazione Colletto. Seguiamo la segnaletica per Narbona, Crosette e Castelmagno. Percorriamo il bellissimo sentiero che incide a mezzacosta il lato ovest dello scosceso pendio del vallone di Narbona. A breve troviamo, sulla destra, una massicciata di pietra (la posa dei morti), poi un pilone; riprendiamo il cammino e passiamo a grange Tech, uno sguardo verso il profondo del vallone dove scorrono le limpidissime acque del torrente, il Biàl di Narbona. Arriviamo ai vecchi ruderi della borgata abbandonata di Narbona: cumuli di detriti ovunque, che lasciano un po’ di tristezza. Ripartiamo in direzione Valliera, tralasciamo sulla sinistra il sentiero che sale a Castelmagno e Crosetta, arriviamo alle Grange Combertrand, dove inizia la strada sterrata; noi proseguiamo fino a Batuira passando per il Colle della Bastìa, poi dalla vicina borgata Valliera e su comoda strada asfaltata raggiungiamo Colletto e la nostra auto. Si tratta di un bellissimo e piacevole percorso ad anello tra grandi panorami, bellissime fioriture e antiche borgate in un ambiente unico che hanno fatto la storia di questa valle.
Narbona ha una storia unica e, per apprenderne i dettagli, la persona più autorevole e competente è sicuramente il mio amico Renato Lombardo, medico di Pradleves e della Val Grana per quarant’anni, ora in pensione, che vive a Caraglio. Con lui condivido la passione per la montagna e molte camminate. Oltre al rapporto medico-paziente egli ha instaurato con le persone della Val Grana un rapporto di amicizia, è stato ed è punto di riferimento nei momenti di difficoltà; inoltre possiede una profonda conoscenza della zona, della gente e della parlata occitana locale. Da sempre si è occupato del territorio e delle ricerche etno-antropologiche e naturalistiche in particolare di questa valle. È autore di un libro estremamente interessante e documentato, su Narbona “L’Arbouna la nosta” (Narbona la nostra, ciò che è stato), uscito a dicembre 2016, frutto di lunghe ricerche, testimonianze, interviste, fatti e foto storiche, che ho letto appassionandomi. Lo stesso autore aveva già pubblicato due libri, “Ciò che conta, le storie di Giacomo”, Pradleves 2014, e “Rem, ciò che resta, luoghi e leggende di Pradleves”, Caraglio 2015. Renato ha gentilmente accettato di collaborare a questo articolo. Brevemente ci darà informazioni su Narbona e dintorni, sui progetti di recupero e valorizzazione, sulle persone e ricerche che hanno contribuito alla realizzazione di questo libro
Sentiamo cosa ci racconta.
Quando ti inoltri in un luogo deserto per raggiungere un paese che non c’è più e del quale sono visibili soltanto le macerie è indispensabile che tu conosca la vastità dell’invisibile che soggiace sotto quel poco che vedi. Devi sapere quello che lì è stato quando quel mondo era ancora abitato. Soltanto così, illuminato dalla conoscenza e sorretto dai dettati della memoria, il tuo viaggio ti condurrà alla scoperta della difficile bellezza di quel luogo abbandonato. Vale per Narbona come per le mille borgate delle nostre montagne disertate dall’uomo.
Narbona, l’Arbouna in lingua d’Oc, è una borgata del comune di Castelmagno, situata a 1445 m s.l.m. Poiché però l’abitato ha uno sviluppo verticale e le curve di livello della carta 1:25.000 ci dicono che dalle case più in basso a quelle poste in cima all’abitato ci sono una settantina di metri, le abitazioni sommitali si trovano a 1510 metri circa. Raccontare la storia di un borgo è raccontare la storia di quanti lì sono vissuti. A Narbona di Castelmagno, anche se poco rimane da vedere in quel che è, possiamo ancora sempre immaginare e raccontare ciò che è stato. Narrare quello che è stato lassù, a l’Arbouna la nosta, è questo il proposito, l’intento che mi sono prefisso. Un progetto che spero di avere almeno in parte realizzato.
NARBONA LA NOSTRA è un libro di 526 pagine corredate di più di 300 foto a colori. Si tratta di un testo molto corposo (526 pagine divise in 31 capitoli) e vario, con capitoli documentali un po’ più impegnativi e altri narrativi di più facile lettura. Non siamo di fronte alle pagine di un romanzo che vanno lette in rigorosa successione. Il progetto iniziale prevedeva la pubblicazione, in tempi diversi, di una serie di “quaderni” tematici. Poi si è optato per un volume unico, nel quale ogni capitolo costituisse un mini-testo a sé stante e anche per questo ho scelto di dotarlo di una sua copertina. Tanti capitoli-libricini dunque che, a parte i due iniziali di presentazione, possono essere letti per scelta individuale in ordine sparso.
I capitoli che personalmente ritengo di maggior valore documentale (che sono anche quelli che hanno richiesto maggiore impegno) sono tre: quello dedicato alla lite millenaria tra Castelmagno e Celle per i pascoli, quello che tratta della lingua esclusiva di Narbona e quello che racconta la fiaba di “Pupacagne”, scritta nella parlata narbonese con traduzione in italiano.
Racchiusa nella sua comba, appartata dal mondo, l’Arbouna la nosta, ultima Thule della Valle Grana, da quattro secoli è lassù, presidiata dalle rupi che la circondano, incastonata nel verde scrigno degli alberi che allargano sempre più i loro rami, quasi volessero difenderla. I nostri pronipoti fra due o tre generazioni, vivranno in un mondo povero di biodiversità, nel quale si parleranno una decina di lingue. Racconteranno ai loro figli di un mondo mitico, il nostro di adesso, nel quale erano centinaia di migliaia le specie animali e vegetali presenti, e nel quale si parlavano ben 5.000 lingue, che erano addirittura 7000 appena quindici anni prima. Un vallone come quello di Narbona, luogo racchiuso, isolato dal contesto abitativo della valle Grana, con la sua borgata di case abbarbicate lungo un pendio al limite della verticalità, con la sua gente, una comunità di poco più di cento persone, tutte famiglie con lo stesso cognome, con una parlata diversa, meritevole di adeguati approfondimenti, costituisce un mondo esclusivo che non può non catturare e coinvolgere. Per questo, a tutela di ciò che è stato e ancora può essere, è sorto il comitato “Una casa per Narbona”, che conta numerosi adepti, tra i quali il sottoscritto, che da quarant’anni raccoglie memorie e testimonianze intervistando gli abitanti superstiti ed esaminando i documenti d’archivio disponibili. Dal frutto di queste mie ricerche, con la collaborazione di molte persone citate nel testo, è nato questo libro.
Raccontare la storia di un borgo è raccontare la storia di quanti lì sono vissuti. Narbona di Castelmagno: anche se poco rimane da vedere in quel che è, possiamo ancora sempre immaginare ciò che è stato. Un piccolo frammento di quel mondo perduto, questo ho voluto tentare di salvare con le parole nel mio libro. Frutto di quarant’anni di ricerche, questo libro è un tentativo di ricostruire il passato di una comunità basandomi sui ricordi di altri. Per proteggere qualcosa bisogna esserne innamorati. Il progetto “Una casa per Narbona”, di cui questo libro è espressione e parte integrante, col passare del tempo, a dispetto di una progressiva, innarestabile decadenza, quella per Narbona è diventata la personale predilezione di molti, è il frutto di un innamoramento collettivo. È nata così, nel 2013, la congregazione “Una casa per Narbona”, un gruppo di ricerca aperto al contributo di tutti coloro che hanno a cuore il futuro di questa borgata che può essere eletta a simbolo di quella che è stata la civiltà alpina non solo in questa valle ma su tutta la montagna in generale. In 4 anni di lavoro è stata realizzata a Campomolino la casa-museo di Narbona, è stato ripristinato il tetto della cappella della borgata, è iniziata inoltre una attività editoriale che prevede la pubblicazione di testi di vario genere dedicati a Narbona. Il libro L’Arbouna la nosta si inserisce in questo progetto. Fatto di testimonianze, racconti e ricerche, questo libro è un tentativo di ricostruire la memoria di un luogo appigliandosi ai ricordi di quanti lì sono vissuti e avvalendosi del contributo di tante persone appassionate. Le 524 pagine del testo sono il risultato di una affiatata coralità di intenti. L’Arbouna la nosta, Narbona la nostra, vuole essere un accorato canto d’addio a un passato che possiamo anche non rimpiangere, ma non potremo mai dimenticare. Un doveroso ringraziamento a Renato per la sua preziosa collaborazione. Una breve descrizione del percorso per raggiungere Narbona. La partenza è dalla piccola piazzetta di parcheggio soprastante la frazione Colletto. Seguiamo la segnaletica per Narbona, Crosette e Castelmagno. Percorriamo il bellissimo sentiero che incide a mezzacosta il lato ovest dello scosceso pendio del vallone di Narbona. A breve troviamo, sulla destra, una massicciata di pietra (la posa dei morti), poi un pilone; riprendiamo il cammino e passiamo a grange Tech, uno sguardo verso il profondo del vallone dove scorrono le limpidissime acque del torrente, il Biàl di Narbona. Arriviamo ai vecchi ruderi della borgata abbandonata di Narbona: cumuli di detriti ovunque, che lasciano un po’ di tristezza. Ripartiamo in direzione Valliera, tralasciamo sulla sinistra il sentiero che sale a Castelmagno e Crosetta, arriviamo alle Grange Combertrand, dove inizia la strada sterrata; noi proseguiamo fino a Batuira passando per il Colle della Bastìa, poi dalla vicina borgata Valliera e su comoda strada asfaltata raggiungiamo Colletto e la nostra auto. Si tratta di un bellissimo e piacevole percorso ad anello tra grandi panorami, bellissime fioriture e antiche borgate in un ambiente unico che hanno fatto la storia di questa valle.
Luciano Giordano e Renato Lombardo
CUNEO