"The Delay": dentro il "fuori sincrono"
Prima prova d'autore per il regista cuneese Mattia Napoli: un corto su una surreale malattia degenerativa che porta a sentire i suoni in ritardo rispetto al momento in cui sono emessi. Protagonista il promettente Vincenzo NemolatoMattia Napoli è un regista e montatore freelance cuneese. Laureato in Storia del Cinema al Dams di Torino, dopo diverse esperienze su set cinematografici e collaborazioni con molteplici agenzie di comunicazione torinesi e milanesi, ha diretto “Viaggio al Belgio”, un documentario su ciò che resta della emigrazione italiana nel secondo dopoguerra. Ha inoltre girato e montato diverse campagne pubblicitarie e video musicali. "The Delay" è il suo primo cortometraggio d’autore; una co-produzione italo francese, che ha ottenuto contributi di Film Commission Piemonte, del Mic e della CnC. A metà ottobre il corto, che racconta la storia di un uomo, Arturo, affetto da una surreale malattia degenerativa che lo porta a percepire i suoni in ritardo rispetto al momento in cui vengono emessi, è stato presentato in anteprima in concorso alla “Festa del Cinema” di Roma (sezione "Alice nella città").
Come è nata l'idea del corto?
"L’idea è nata diversi anni fa. Ero a Torino, stavo camminando. Ricordo che piovigginava, era novembre. Sembrano dettagli insignificanti ma in realtà credo che l’autunno a Torino sia meraviglioso, aiuta la riflessione. Ad un tratto si è accesa la lampadina. Ho sempre passato molto tempo nella sala di montaggio: quando monti devi sincronizzare il labiale delle persone che parlano in video con l’audio registrato. Capita che a volte non sia ancora sincronizzato bene, per cui c’è un leggero sfasamento tra il labiale e le parole pronunciate. Questo si chiama 'fuori sincrono'. Ritornando a quel novembre e alla mia passeggiata…ebbi un'epifania, più o meno così: ‘E se il fuori sincrono capitasse a una persona nella vita reale? E se fosse una malattia degenerativa, che fa aumentare il ritardo ogni giorno?’. Da lì è partito tutto il progetto".
"The Delay" è un film sul suono e sull'incomunicabilità. Il protagonista ha una surreale malattia degenerativa che lo porta a sentire suoni e rumori in ritardo rispetto al momento in cui questi vengono emessi e visti. Ritardo che aumenta con il degenerare della malattia fino a diventare un ritardo di ore (la mattina sente i suoni della notte e viceversa) portandolo a vivere nel mondo ma da dentro il suo.
"Si esatto. In realtà il tema potrebbe riflettere anche su altri aspetti come la disabilità oppure l’incessante rumore nella nostra società industriale, rumori che prima dell’avvento delle macchine, quando ancora eravamo una società rurale, non esistevano. Quello che però mi interessava davvero era raccontare una storia di un ragazzo qualunque alle prese con una malattia surreale, e di come provi a uscirne fuori. Mi premeva mettere l’accento sul fatto che la creatività ci aiuta a sopravvivere. Forse non a guarire, ma può rendere la nostra esistenza meno dolorosa. Se si riesce a essere creativi si possono guardare le cose da un altro punto di vista: quello che a volte consideriamo un errore può essere un’occasione di rilancio".
Il film mi sembra anche un manifesto sulla solitudine. Sei immerso nella solitudine fin dalla prima inquadratura con il primo piano sul protagonista e la camera che poi si allarga sulla poltrona di uno studio medico, nel silenzio. È così?
"Si certo, è così. Nessuno capisce Arturo, nessuno vuole capirlo. Non è certo semplice comunicare con una persona fuori sincrono, ci va tanta pazienza! Cosi come ci va tanta pazienza con una persona malata, o disabile. Una pazienza infinita, ma noi non siamo infiniti. In realtà siamo tutti soli, alle prese con i nostri problemi. Inoltre la malattia spesso non ci rende migliori: ci peggiora, ci rende più fragili, più insicuri. Più isterici, a volte".
La solitudine, l'incomunicabilità e il senso di isolamento sono stati d'animo di cui molti di noi, nella nostra contemporaneità, facciamo esperienza (la scena della festa è significativa) Ti senti mai "fuori sincrono"'?
"Credo che tutti noi ci siamo sentiti almeno una volta nella vita fuori sincrono. Hai appena ricevuto una pessima notizia, ma per qualche motivo devi andare alla festa a cui sei stato invitato. Lì tutti si divertono, tu no. Questo è essere fuori sincrono. Per le relazioni sentimentali poi la sincronia è fondamentale. Immagina di conoscere una persona con cui c’è una forte attrazione che tra una settimana dovrà partire per un anno in Alaska, a fare una ricerca sui fossili del pleistocene…Il sentirsi 'fuori sincrono' può anche essere uno stato d’animo più macroscopico. Ho passato la mia infanzia in una minuscola frazione di un paese della provincia cuneese, senza coetanei intorno a me. Inoltre non sono nato lì e a scuola ero quello venuto da fuori, non appartenente alla comunità. Credo che arrivi da quella situazione la mia passione per gli outsider, per quelli che sono fuori posto".
Il gioco di suoni e rumori del mondo esterno e di un silenzio interiore, fatto di respiri, che sembra voler urlare, amplificato dal “delay” rende il film un'immersione nella profondità dell'abisso di qualcuno. O di te stesso. Tutto scandito dal tempo che passa e dal fuori sincrono che si allunga.
"'The Delay' è un cortometraggio che riflette e lavora sull’audio. Volevo raccontare la differenza tra la realtà oggettiva, che poi oggettiva non è mai, e la realtà di Arturo, la sua soggettività. Una sorta di campo e controcampo sonoro, con le idee di montaggio che si possono ricavare da questa situazione surreale. Fui fulminato, alle superiori, quando la professoressa di filosofia ci illustrò il pensiero di Berkely: 'Se un albero cade nella foresta ma nessuno lo sente, fa rumore?'. Insomma la realtà, suono incluso, esiste solo in quanto percepita. Ogni persona ha la sua percezione, la sua sensibilità. Pensa a una persona non vedente, quanto è diversa la sua realtà dalla nostra".
Un film sul suono, e forse anche sull'ascolto. Sappiamo ancora ascoltare?
"Penso che saper ascoltare con il cervello e con il cuore faccia la differenza. Nel mio mestiere è tutto. Dare attenzione all’altro, essere sinceramente interessati e non interrompere mentre l’altra persona parla. Sono cose molto banali, ma rivoluzionarie".
Protagonista Vincenzo Nemolato, classe '89. Tra i film in cui ha recitato, "Il racconto dei racconti"di Matteo Garrone "Lasciati andare" di Francesco Amato (nel cast anche Toni Servillo), "5 è il numero perfetto" di Igort. Tra le serie tv Gomorra. Com'è stato lavorare con lui?
"Vincenzo è un talento enorme, uno dei migliori giovani attori che abbiamo in Italia. E la sua carriera sta, giustamente, galoppando. È una persona intelligente, umile, senza grilli per la testa. Ama il suo lavoro fino in fondo. Siamo diventati amici, è nata un’alchimia. Ci siamo preparati facendo un lavoro di sottrazione, per dire tanto con poco. Non si è risparmiato neanche per un secondo: battuto il primo ciak è diventato Arturo ed è stato perfetto dall’inizio alla fine. Ci tengo molto a segnalare che la co-protagonista, Federica Sandrini, è la sua vera fidanzata, anche lei attrice. Vincenzo con molta discrezione ha suggerito l’idea: oltre a essere molto brava, il suo personaggio lo immaginavo proprio così. Loro sono una coppia ironica e tenerissima e credo che questo si avverta guardando il corto".
Dove si potrà vedere prossimamente il corto?
"Siamo riusciti a creare una solida co produzione italo francese, grazie anche ai contributi dati dalla Film Commission Piemonte, il primo ente che ha sostenuto il progetto, li ringrazio moltissimo. Sono stato fortunato: i produttori francesi sono anche distributori, stiamo quindi mandando il corto a numerosi festival italiani e internazionali, siamo in attesa di risposte. Anzi, c’è qualche novità che svelerò prima possibile! Ne approfitto per ringraziare Grey Ladder, casa di produzione torinese, i primi a credere in questo progetto, 10D Film, e Origine film, i nostri colleghi francesi, Premiere film per la distribuzione italiana. Spero presto di riuscire a proiettarlo in una sala cinematografica a Torino e a Cuneo, sarebbe bellissimo".
Francesca Barbero

Mattia Napoli cinema
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