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    CUNEO - Wednesday 10 December 2025, 09:24

    Piano Socio Sanitario Regionale, cosa ne pensano i medici cuneesi?

    L'analisi del presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia Sebastiano Cavalli: "Serve che la ‘voce della Granda’ sia presente ai tavoli attuativi"
    Piano Socio Sanitario Regionale, cosa ne pensano i medici cuneesi?

    “Negli ultimi anni il quadro nazionale di programmazione è rimasto disomogeneo: Piano sanitario nazionale fermo, piani regionali a velocità diverse, disuguaglianze di accesso in crescita e una quota non trascurabile di cittadini che rinuncia a visite o esami per liste d’attesa o motivi economici”. Si apre così l’analisi di Sebastiano Cavalli, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Cuneo, sul nuovo Piano Socio Sanitario Regionale 2025–2030, attualmente all’esame della Quarta commissione dopo le consultazioni sul territorio delle ultime settimane. Per il Piemonte - ricorda Cavalli - si tratta del “primo documento organico dopo circa trent’anni”: “Per comprenderne la portata, occorre guardare ai punti di forza e di debolezza del Piano e poi calarli nella realtà concreta della provincia di Cuneo”.

    Tra punti di forza e criticità

    Tra i punti di forza, dal punto di vista del presidente dell’Ordine cuneese, spiccano “attenzione a fragilità, cronicità, disabilità, salute mentale, dipendenze, minori e famiglie vulnerabili, migranti e senza dimora; un disegno relativamente avanzato di integrazione socio-sanitaria; il rafforzamento dell’assistenza territoriale; il piano di edilizia sanitaria; investimenti in digitalizzazione e partecipazione di cittadini e associazioni".

    Non mancano, però, le criticità: “La componente epidemiologica è poco ‘operativa’: i dati ci sono nei testi tecnici, ma non sempre risultano leggibili nel tradursi in priorità e obiettivi. Il tema del personale è centrale ma affrontato in termini generali, senza un vero piano numerico per profili, territori e tempi. Il disegno di Case/Ospedali di Comunità, AFT e rete ospedaliera è ancora da ingegnerizzare: ruoli, responsabilità e flussi non sono descritti nel dettaglio necessario per l’attuazione”.

    Alle criticità generali, nell’analisi di Cavalli, se ne aggiungono altre, strettamente legate all’orografia e alla struttura socio-sanitaria del territorio della Granda. “Qui il PSSR rischia di essere decisivo, nel bene e nel male. Un territorio grande, una popolazione dispersa”. Spiega il presidente dell’Ordine provinciale: “Se il PSSR non prevede standard minimi di prossimità, una distribuzione ponderata di Case/Ospedali di Comunità e servizi territoriali, soluzioni specifiche per aree montane e rurali, il rischio è una sanità a macchia di leopardo, con cittadini di serie A nei fondovalle e cittadini di serie B nelle frazioni più isolate”.

    Personale: “La rarefazione diventa disuguaglianza”

    La carenza di personale è un tema nazionale, ma nella Granda assume connotazioni specifiche. “Per garantire accesso e continuità a 550 mila abitanti su 247 Comuni servono medici di medicina generale numericamente adeguati, disponibili a operare anche in zone periferiche, presìdi di continuità assistenziale e servizi di emergenza efficacemente distribuiti, infermieri, OSS, assistenti sociali, tecnici non concentrati solo negli hub”.

    “Senza incentivi specifici (economici, organizzativi, logistici), il rischio è quello dei ‘deserti professionali’: strutture nuove con organici insufficienti o instabili”, dice Cavalli.

    Ospedali forti, territorio fragile?

    Il PSSR prevede investimenti anche per il Cuneese (nuovi ospedali hub a Cuneo e Savigliano). “È una scelta coerente, utile per le reti tempo-dipendenti (trauma, ictus, cardio). Ma, se non accompagnati da reale rafforzamento della medicina territoriale e domiciliare, percorsi MMG–ospedali di comunità–reparti–servizi sociali, soluzioni di mobilità per pazienti fragili, il rischio è di consolidare un modello ospedalocentrico poco sostenibile per una popolazione anziana e dispersa. I Pronto Soccorso resterebbero valvole di sfogo”.

    L’analisi del presidente dell’Ordine cuneese segnala una “provincia segnata da invecchiamento e spopolamento, lavoratori stagionali e migranti, famiglie con carichi di cura”: “Il PSSR richiama questi aspetti, ma non sempre li traduce in azioni concrete: potenziamento dell’ADI; PUA accessibili; salute mentale di prossimità; trasporti socio-sanitari; supporto al volontariato (Croci, LILT, reti parrocchiali)".

    Chiude Cavalli: “Il PSSR è un impianto moderno, coerente con le riforme nazionali e con il PNRR. Le criticità sollevate dall’Ordine di Torino (dati, personale, rete operativa) sono condivisibili ma correggibili con atti integrativi e piani aziendali. Per il Cuneese il margine di errore consentito è più stretto. Una programmazione che non tenga conto di orografia, dispersione e fragilità socio-demografiche rischia di ampliare le disuguaglianze. Serve che la ‘voce della Granda’ – MMG, specialisti, ospedalieri, amministratori locali, associazioni – sia presente ai tavoli attuativi, per rendere il Piano uno strumento reale di equità e prossimità”.

    L'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Cuneo conclude con tre domande sul PSSR "vista Cuneo": "Quali standard minimi di distanza, tempo e accesso verranno garantiti nei Comuni più piccoli? Con quali strumenti sarà attratto e trattenuto personale nelle aree meno servite? Come saranno integrati hub, case-ospedali di Comunità e servizi sociali per ridurre gli accessi impropri in PS?".

    Redazione
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    Tag:
    cuneo - sanità - pssr
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