Un safari a Murazzano: alla scoperta del parco dei record
Nato come “ricovero” di un circo quasi mezzo secolo fa, oggi è un santuario di biodiversità nelle Langhe: ospita 350 animali, tra cui la giaguara più vecchia del mondoL’“Africa in giardino” che cercava Celentano esiste davvero. Certo non è proprio un’aiuola, essendo esteso per la bellezza di sessanta ettari: il Parco Safari delle Langhe a Murazzano ha un record poco conosciuto, è infatti il più grande giardino zoologico del Nord Italia e il secondo parco divertimenti, dopo Mirabilandia. Ospita circa 350 esemplari di mammiferi, uccelli e rettili appartenenti a una cinquantina di specie, un “bestiario” secondo solo allo Zoosafari di Fasano in Puglia.
Il benessere animale al primo posto
Tra loro c’è Regina, detentrice di un primato unico. Si tratta, con ogni probabilità, del più vecchio esemplare di giaguaro al mondo: a febbraio è entrata nel ventiquattresimo anno di vita, una longevità straordinaria per una specie che in natura non supera i 12-15 anni di media. Pensare che non è nemmeno la decana: Mariello, il grifone dell’Himalaya, ha oltre cinquant’anni di età. Più di quanti ne abbia il parco stesso, nato nel lontano 1976. In origine era una zona di contenimento per gli animali da circo ed era qualcosa di molto diverso da adesso. A Cuneo, del resto, era ancora aperto lo zoo nei giardini Fresia, gestito da quel Remigio Luciano che più tardi avrebbe fondato il Cras di Bernezzo.
Oggi, assicura il capo keeper Attilio Matraxia, l’attenzione al benessere degli animali viene prima di tutto: “Non si tratta di prendere animali e metterli in gabbia per mostrarli, ma di studiarli”. Lui, torinese, cinquantenne, è da più di sette anni nella squadra dei custodi che si occupano non solo di sfamare e accudire gli “ospiti”, ma anche di mantenerli attivi. Insieme alle etologhe si studia, per esempio, come alimentare gli animali in modo più ludico, per non farli annoiare: “È utile soprattutto per gli animali più intelligenti, come i procioni e i felini, che hanno bisogno di mangiare divertendosi”.
Rispettare gli animali vuol dire anche temerli
Da qualche tempo Attilio organizza anche il tour backstage, un giro nel “dietro le quinte” di gabbie e recinti dove è possibile incontrare da vicino tutte le star del parco: come appunto Regina la giaguara, il leopardo Bob, le ippopotame Gina e Tina, le zebre Cochi e Renato. È un’occasione per avvicinarsi anche ai selvatici che conosciamo meglio e con cui sovente la convivenza è più difficile: i cinghiali - Gianna è un’altra “vecchietta” da record - e i lupi. Dentro a un recinto di un ettaro si trovano tre esemplari di lupo canadese, la più grande sottospecie esistente, che può arrivare all’altezza di un uomo e a un peso di 80-90 chili. Si chiamano Gigio, Ade e Loki: “Nonostante siano nati in cattività e vivano qui da cinque anni, mantengono la gerarchia e la territorialità. - spiega Attilio - Sono animali abituati all’uomo, ma non vuol dire che siano domestici: possono essere micidiali”.
Questo vale, com’è ovvio, anche per i felini, presenti in tutte le loro varietà: leoni, tigri, tigri bianche, linci e gatti selvatici. Nessuno di loro assomiglia al micio di casa, sebbene sia possibile vederli stiracchiarsi o stendersi sulla pancia: “Konrad Lorenz diceva che l’atteggiamento peggiore è l’antropomorfizzazione: guardare un animale e pensare che si stia comportando in un certo modo, perché anche noi lo faremmo. Non è così, gli animali seguono istinti che in certi casi possono essere fortissimi”. Il rispetto per gli animali è fatto insieme di ammirazione e timore: “In questo modo prendiamo precauzioni nell’avvicinarci ed evitiamo di fare cose molto stupide, come scendere dall’auto nella zona dei leoni!”.
La grande lezione del parco è proprio questa ed è rivolta soprattutto ai più piccoli, che qui imparano come gli animali possano essere “straordinariamente diversi dagli stereotipi che si hanno”. Per esempio, nessuno struzzo infila la testa sotto terra, mentre pochi sanno che tra loro è il maschio a occuparsi della cova e dell’accudimento dei piccoli. I lupi autentici? Si distinguono per il colore degli occhi, gialli: se sono azzurri o di altre tonalità, si tratta di incroci. E ancora: le zebre sono più simili agli asini che ai cavalli, il caratteristico disegno del loro mantello varia a seconda della sottospecie cui appartengono.
Verso il traguardo del mezzo secolo di vita
Oltre all’attività didattica, il senso di una struttura come questa sta nella preservazione a scopi scientifici. La legge vieta da tempo di prelevare esemplari in natura: tutti gli animali presenti sono già nati in cattività. C’è chi obietta che si tratti comunque di una forzatura, ma l’epoca degli orsi ballerini - per fortuna - è finita. E bisogna anche considerare, aggiunge il capo keeper, che talune specie non sarebbero sopravvissute se non fossero state prelevate. È il caso dell’ara di Spix, un pappagallo brasiliano molto raro, reso celebre dal cartone Rio: estinto in natura nel 2000, è stato reimmesso due anni fa. Anche il condor della California si è salvato grazie alla riproduzione in cattività, al pari dei tritoni dei monti Zagros in Iran: “Molti ambienti controllati hanno determinato studi importantissimi sul comportamento animale, ad esempio dei grandi mammiferi e dei rettili. Non è cambiata solo la sensibilità, ma anche gli studi etologici: tutto ciò che facciamo è a favore del benessere animale, serve non solo a farli star bene ma a mantenerli attivi”.
Il prossimo anno il Parco Safari delle Langhe compirà mezzo secolo. Un traguardo da festeggiare: la presentazione della nuova mascotte, il lupo Bigio, ha sancito l’inizio delle celebrazioni. All’orizzonte non ci sono nuove immissioni ma, rivela Attilio, ci si sta pensando: “Per il futuro, qualche progetto in mente ce l‘abbiamo. Dipenderà anche dalla risposta dei visitatori”. Che nel 2016, l’anno del quarantesimo, avevano raggiunto i due milioni all’anno: un altro record da tenersi stretti.

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