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    FOSSANO - Tuesday 24 June 2025, 11:45

    Grida “fascisti” e scoppia la rissa tra ragazzi. In tre a processo

    La lite nel centro di Fossano, dopo un incontro casuale all’uscita da un locale. Uno degli imputati denuncia: “Siamo stati aggrediti anche in seguito”
    Grida “fascisti” e scoppia la rissa tra ragazzi. In tre a processo
    Quella che doveva essere una serata tranquilla, all’insegna del divertimento e dello svago, si è trasformata in una notte da dimenticare. Una lite nata in seguito ad alcune accuse di simpatie per il fascismo, rivolte da S.B. agli altri due imputati, D.C. e P.C., è all’origine del processo che vede i tre giovani fossanesi imputati di rissa. Nell’ultima udienza, a gennaio, era stata ascoltata la deposizione di una donna che, affacciata al balcone di casa, aveva riferito di aver assistito alla violenta colluttazione.
     
    A cinque mesi di distanza, il processo è ripreso con l’esame dei testimoni delle difese. Il maresciallo Angelo Cortellessa, in servizio presso la stazione dei Carabinieri di Fossano, ha spiegato di essere stato inviato nella centrale via San Giovanni Bosco alle 2,08 di notte, dopo una chiamata che segnalava un’aggressione: “A terra, sull'asfalto, c'erano chiazze di sangue. Una bella scia che da via San Giovanni Bosco proseguiva fino in via Roma. Una catenina strappata era stata identificata come appartenente a S.B., il quale si trovava già in ospedale. Sul posto, erano presenti anche D.C. e P.C: per quello che abbiamo visto erano ben vestiti e non presentavano segni di colluttazione”. Il maresciallo ha poi riferito di aver contattato S.B per avere notizie sulle sue condizioni di salute.
     
    Nella sua testimonianza il militare ha parlato anche dell'esame delle telecamere. Quella comunale era spenta, mentre il sistema di sorveglianza dell’oreficeria orologeria Ferrero ha dato riscontri: “Ci ha permesso di identificare altre persone potenzialmente informate dei fatti. Dalle visioni del materiale c'è un dato oggettivo: S.B., quando passa nell'area delle telecamere, aveva un'andatura barcollante, gesticolava. Questo mi ha fatto presumere che fosse avesse bevuto, ma non ho alcuna prova a riguardo. Le telecamere riprendono anche P.C., che aveva un portamento impeccabile”. A domanda del giudice, il carabiniere ha risposto di aver appreso che S.B., prima di recarsi in ospedale, aveva ricevuto una prima medicazione.
     
    L’udienza è proseguita con l’intervento diretto di uno dei tre imputati, P.C., che ha raccontato la sua versione dei fatti: “La sera del 5 settembre eravamo al Vitriol, in via Ancina. Verso la mezzanotte io e D.C. siamo usciti abbiamo imboccato via San Giovanni Bosco. Io mi trovavo più avanti rispetto a lui. All'improvviso sento delle urla, mi giro e vedo il mio amico in compagnia di questo ragazzo, che proferiva insulti e minacce. Aveva un linguaggio del corpo decisamente facinoroso. Mi sono avvicinato e ho chiesto a D.C se lo conoscesse, lui mi ha risposto di no. Una volta lì S.B. si era rivolto a me, dicendo 'ci sei anche tu? Adesso vi ammazziamo, fascisti di m...’”. I due amici avrebbero cercato di allontanarsi ma, riferisce ancora l’imputato, l’altro ragazzo glielo avrebbe impedito, afferrandolo per la cravatta e cercando di colpirlo: “Ne è nata una colluttazione, dove D.C. è stato strattonato più volte, spostandosi verso l'altro lato. Ricordo che afferrava i capelli del mio amico e la giacca. Lo aveva fatto cadere a terra e gli era rimasta in mano la giacca del mio compagno. S.B. aveva poi colpito D.C. mentre era a terra, con calci e pugni”.
     
    Il presunto aggressore, sostiene P.C., “era visibilmente alterato ed emanava un forte odore di alcol, continuava a dimenarsi”. Dopo un primo tentativo di trattenerlo, il ragazzo si sarebbe di nuovo avvicinato al suo amico: “Nel frattempo lui si era rialzato, vedendo che stava arrivando gli aveva sferrato un pugno. A quel punto S.B si è accasciato a terra tenendosi il volto. Dopo ho raccolto gli effetti personali di D.C. e glieli ho restituiti. Lui mi disse che dovevano andare via, perché stavano arrivando gli amici di S.B. Siamo corsi via, verso il carcere. Abbiamo cercato di allontanarci il più possibile”. Nel proseguo del racconto P.C. ha detto di aver ricevuto una telefonata da un conoscente di S.B., che li invitava a tornare lì per appianare. Lui stesso aveva chiamato il 112 prima di trovarsi circondato. Il telefono gli sarebbe stato strappato via, ma la telefonata era ormai partita: con l’arrivo delle forze dell’ordine arrivo gli animi si erano raffreddati.
     
    La vicenda ha avuto sviluppi nei mesi successivi, sempre secondo il racconto di P.C.: “Il 5 dicembre dello stesso anno ero con un mio amico in un locale, dopo pochi minuti si sono presentati S.B con il fratello e un suo amico. Cercavano di provocarci per far scaturire una reazione, anche con insulti omofobi. Ovviamente non c'è stata reazione da parte nostra, abbiamo consumato quello che avevamo ordinato e siamo andati via. Il 5 marzo successivo eravamo nel medesimo locale e abbiamo arrivare un gruppo di ragazzi, tra cui S.B. Anche in questo caso hanno cercato di provocarci, puntando anche su un tasto dolente per me con insulti a mia madre, morta da poco. L'ultimo episodio risale al primo giugno di questo anno. Abbiamo subito un'aggressione io e D.C., sempre a Fossano, da parte di un amico di S.B.: ne è nata una colluttazione, dove siamo stati minacciati anche con una cintura. Qui siamo andati subito dai Carabinieri”.
     
    Il giudice ha decretato il rinvio dell’udienza al 30 gennaio per la discussione.
    Piero Coletta
    luogo FOSSANO
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    Tag:
    Fossano - politica - rissa - Cronaca - Fascismo
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