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DRONERO - Monday 03 November 2025, 10:07

La scultrice Camille Claudel protagonista della prima serata del Ponte del Dialogo

In scena al Teatro Iris di Dronero il monologo di Chiara Pasetti con Lisa Galantini, che punta i riflettori su una storia di talento, passione, ma anche di violenza
Chiara Pasetti
Chiara Pasetti1/2

Per sensibilizzare su un argomento delicato come quello della violenza contro le donne non esiste un manuale da sfogliare con delle regole da seguire per riconoscere quando un comportamento è giusto o sbagliato. Per avvicinarsi e comprendere una questione così importante e difficile, spesso è meglio entrare in contatto direttamente con quelle storie che si contraddistinguono a causa dell’abuso stesso. Ci sono autori in grado di trasformare in un’opera la vita di una persona, racconti e fatti troppo complessi per essere trattati con leggerezza o superficialità. Questo è il caso di Chiara Pasetti e del suo spettacolo “Moi”, che il Teatro Iris di Dronero ha ospitato per la prima serata della nuova edizione autunnale del Festival “Ponte del Dialogo” domenica 2 novembre, un monologo che vede protagonista l’attrice Lisa Galantini.

Riprendendo la storia di Camille Claudel, lo spettacolo vuole sensibilizzare sul tema della violenza contro i talenti e di quella contro le donne. Tratto dal libro “Mademoiselle Camille Claudel - Moi”, pubblicato nel 2016 da Aragno, la rappresentazione teatrale narra la vita, ancora ingiustamente poco conosciuta, dell’artista francese nata nel 1864. Scultrice di eccezionale talento, frequentò l’Accademia Colarossi a Parigi dove conobbe Auguste Rodin, di cui divenne allieva e modella e con il quale intrecciò una relazione tormentata, visti i ventiquattro anni di differenza e la presenza della moglie Rose Beuret. Agli inizi del Novecento, nonostante fosse all’apice del successo, si isolò sempre di più fino a condurre una vita estremamente solitaria. Nel marzo del 1913, pochi giorni dopo la morte del padre, venne internata presso la clinica psichiatrica di Ville-Évrard su richiesta della madre e del fratello Paul, poeta e diplomatico, con la diagnosi di paranoia delirante. L’anno successivo venne trasferita presso l’asilo pubblico per alienati mentali di Montdevergues presso Avignone, dove restò fino alla morte avvenuta a quasi settantanove anni, il 19 ottobre del 1943.

Abbandonata da tutti, per tutta la sua vita Camille si è ritrovata a essere vittima di “violenza del rifiuto”. Ha dovuto innanzitutto convivere sempre con il suo amore verso l’arte, la sua più grande passione, descritta da lei stessa - riprendendo le parole portate in scena dall’attrice Galantini - come “una vocazione, non uno scopo, una felicità pericolosa ma senza fine, la fortuna più grande che può capitare al mondo e una maniera di vivere che abbraccia interamente chi la possiede”, contrapposto al rifiuto esercitato con violenza fin dalla prima infanzia, segnata in modo marcato da un mancato riconoscimento. In una realtà ancora troppo maschilista, per la collettività infatti non era accettato che una donna non si limitasse a essere una buona moglie e una brava madre.

Un dramma familiare, quello provocato prima dall’atteggiamento dalla madre che intendeva sostituirla a un figlio perduto, che si è in seguito mutato in tormento sentimentale a causa della relazione con Rodin conclusasi anch’essa con un rifiuto. Camille è stata perseguitata per tutta la sua vita dal dilemma che la divideva tra il suo essere e il suo desiderare, a causa dalla repressione costante che la società e la sua famiglia aveva nei confronti delle sue opere, non riconosciute solo in quanto concepite da una mano femminile.

La scultrice si è ritrovata così costretta a vedere il suo immenso talento rinnegato da tutti, fino ad arrivare al culmine nel momento del suo internamento all’interno del manicomio di Montfavet, luogo dove Claudel si è vista privata del tutto “dell’unico amore che poteva durare. Non quello con Rodin, ma quello dell’arte”.

Quando Camille venne sepolta nel cimitero dell’ospedale in una fossa comune, non fu riportato nemmeno il suo nome sulla lapide, ma solo l’anno del decesso e il suo numero di matricola: 392. Soltanto negli anni Ottanta del Novecento le sue opere hanno cominciato a essere studiate e valorizzate come meritano e la sua figura è stata oggetto di mostre, biografie, cataloghi ragionati. Nel 2017 ha aperto il primo museo a lei interamente dedicato (il Musée Camille Claudel, a Nogent-sur-Seine).

Anche Chiara Pasetti, con il suo libro e il suo monologo, è riuscita in questi ultimi anni a far conoscere ad un pubblico ampio la storia di un’artista che non merita di vivere nell’ombra del suo amante o del fratello. Talento, arte, passione, sono questi i motivi per i quali la sua figura è degna di essere ricordata. Forse è giunto il tempo che il mondo diventi consapevole delle capacità che hanno contraddistinto una delle scultrici più influenti mai vissute, per poterle dare quella voce, che al suo tempo, le è stata vietata.

Monica Martini
luogo DRONERO
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Tag:
Dronero - arte - violenza - Ponte del dialogo - Camille Claudel - Chiara Pasetti - Lisa Galantini
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