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    CUNEO - Monday 26 June 2023, 11:53

    Croci di vetta, Costagli: "Le montagne non hanno bisogno di manufatti sempre più brutti"

    L'intervento dello storico cuneese a proposito del dibattito nato dopo alcune dichiarazioni del direttore editoriale del CAI Marco Albino Ferrari
    Croci di vetta, Costagli: "Le montagne non hanno bisogno di manufatti sempre più brutti"
    Riceviamo e pubblichiamo l'intervento dello storico Sergio Costagli, a proposito del dibattito sulle croci di vetta nato dopo alcune dichiarazioni del direttore editoriale del CAI Marco Albino Ferrari. Nella sua lettera Costagli si rivolge ai Ministri Matteo Salvini e Daniela Santanchè, che nei giorni scorsi avevano preso posizione contro le parole di Ferrari.
     
    È vero che la montagna è di tutti e questo è ciò che le conferisce un particolare fascino, ma proprio perché è di tutti, la montagna è anche di nessuno in particolare e quindi esige rispetto (virtù sempre più rara), discrezione, ascolto da parte di ciascuno. Purtroppo l’alta montagna viene usata come palcoscenico di ambizioni personali o di gruppo per imporre convinzioni religiose assolutamente non richieste marcando le cime con un proprio segno inconfondibile che rappresenta una presuntuosa prevaricazione a quella ancestrale sacralità assoluta - la vetta - che rappresenta la forma più pura di contatto tra la Terra e il Cielo: il Creato di Dio. Nessuno, nessuno è legittimato a trasformare la montagna, ad utilizzarla a propri fini alterandone le caratteristiche naturali, tantomeno impiantando in essa alcunché. Ha ragione il grande alpinista Kurt Diemberger: “Non siamo noi i padroni, né dell’Himalaya né delle Alpi”.
     
    La montagna ispira la vera libertà cioè quella che non ha nulla a che fare con l’arbitrarietà, la presunzione e l’arroganza umana, ma ricerca invece una espressione la più spontanea possibile di sé proprio e soltanto nell’ascolto (anche religioso) virtù che si è persa, nell’attenzione, nel rispetto di ciò che comunque è sempre più grande, maggiore di ogni velleità o umiltà umana, mostrato in infiniti modi dalla maestosità della montagna stessa, opera del Divino architetto. Giovanni Paolo II aveva ragione: “Queste montagne suscitano nel cuore il senso dell'infinito, con il desiderio di sollevare la mente verso ciò che è sublime”. 
     
    Sciaguratamente continua l'egemonia (arroganza) dell'uomo sulla natura, le vette delle montagne non hanno bisogno di manufatti sempre più brutti e di pessimo gusto (kitsch). A livello etico, è un voler attaccarsi ad una simbologia in un ambito, quale è la montagna, di per sé già simbolico del Creato. 
     
    Le croci – se le volevano - dovevano essere semplici, in legno, spoglie, per ciò che rappresentano povere ed umili come Cristo e trasportate (come Cristo) sulle spalle dove fa male. 
     
    Sergio Costagli
    Redazione
    luogo CUNEO
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    Tag:
    Montagna - Cai
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