Quando immigrazione fa rima con imprenditoria: ecco il volto sconosciuto dell’economia della Granda
Oltre metà sono imprese artigiane, con una presenza “rosa” più alta che tra gli italiani e il doppio dei giovani. Gli extracomunitari? Gestiscono il 75% delle aziendeNon solo braccianti agricoli stagionali e muratori. E neanche soltanto operai, fattorini, badanti, infermieri o camerieri, in ruoli dove siamo abituati ormai da tempo a vedere occupate persone che arrivano da altre parti del mondo. Gli immigrati sono sempre più spesso imprenditori, lo raccontano i numeri che ritraggono una realtà poco “notiziata” e a tratti inattesa.
È un aspetto silenzioso ma ormai fondamentale nell’economia della Granda, quello a cui la Camera di Commercio ha dedicato un focus che prende in esame gli ultimi dieci anni dell’imprenditoria straniera cuneese, dal 2015 al 2024. Il report, curato dal settore Promozione, studi e comunicazione dell’ente camerale e presentato da Gianni Aime, analizza l’attività degli imprenditori nati al di fuori dei confini nazionali, escludendo quindi le “seconde generazioni”, a prescindere dal possesso della cittadinanza.
L’8,2% di aziende “made in Cuneo” è fatto di stranieri
Quanto emerge è a maggior ragione sorprendente. Per esempio il dato sull’imprenditorialità femminile: le aziende gestite da donne straniere erano 944 nel 2015 e sono cresciute fino a 1.246, anche se l’incidenza percentuale si è abbassata perché la crescita complessiva è stata ancora più impetuosa. Siamo comunque al 23,5%: ciò significa che ci sono più donne imprenditrici, percentualmente, tra le straniere che tra le italiane. Sorprende già meno il dato relativo all’età di chi fa impresa: sommando gli over 50 si arriva appena al 35% nel segmento degli stranieri, tra gli italiani il dato sale a un esorbitante 65%.
Di cosa si occupano queste aziende? Più della metà sono attività del settore artigiano: il dato è salito al 50,9% dal 48,3% di dieci anni fa, anche qui una percentuale più che doppia rispetto agli italiani. I riscontri nella quotidianità li abbiamo: idraulici, fabbri e imbianchini sono sempre più spesso albanesi e marocchini, per esempio. Un altro dato che può stupire è proprio quello sulla provenienza geografica: il 75,2% degli imprenditori stranieri arriva da Paesi extra Ue. Rispetto al 2015 non ci sono stati grandi cambiamenti sui Paesi di origine, a parte l’uscita del Brasile dalla top ten e l’ingresso dell’Egitto, al nono posto.
Crescono le imprese, ma ancora di più i lavoratori
In proporzione, le imprese non straniere sono diminuite da cento a 90,5 a partire dal 2015, laddove quelle straniere sono salite a 133,1. In numeri assoluti si è passati a 5.301 unità dalle 3.984 di dieci anni fa. Se prima le aziende del “made in Cuneo” d’importazione erano una ogni 17, adesso sono una ogni 12, ovvero l’8,2% del totale. In termini settoriali il trend è abbastanza simile a quello autoctono: a fronte di un calo costante nell’agricoltura e nell’industria, c’è un incremento nel turismo e negli altri servizi. Unico dato in controtendenza è quello relativo al commercio.
Anche nella natura giuridica le imprese italiane e straniere tendono a seguire la stessa traiettoria: si assiste così a una progressiva diminuzione del numero complessivo, a fronte di una maggiore strutturazione. Ma se la dinamica è la stessa, non così le proporzioni: basti dire che tra le imprese straniere la crescita nelle società di capitale è del 258%, a fronte del 23,8% nelle imprese individuali. Il 13% dell’imprenditoria straniera è oggi rappresentato da società di capitale, un dato molto vicino a quello italiano, al 16%. In quest’ottica si spiega anche la lieve flessione delle imprese giovanili (da 1.104 a 1.071, con un’incidenza in calo rispetto al 27,7% di un decennio fa), la cui incidenza sul totale tuttavia arriva al 20,2%, oltre il doppio rispetto al 9,1% registrato tra gli italiani nativi. A crescere, moltissimo, è stato il numero degli addetti: a fronte dell’aumento del 33,1% di imprese straniere tra il 2015 e il 2024, i lavoratori immigrati sono cresciuti del 53,1%. Dieci anni fa le imprese straniere occupavano in media 1,8 persone, oggi siamo a 2,1. Proprio in ragione di questo il Cuneese mantiene una proporzione più bassa rispetto alla media italiana di un imprenditore straniero ogni sei residenti: nella Granda, sono uno ogni nove.
Stranieri in aumento di oltre il 90% in vent’anni
Sul fronte demografico, gli stranieri ammontano a 63.873 dei 581.676 residenti censiti in provincia al 1 gennaio. In Piemonte la provincia con la maggior incidenza di popolazione immigrata è Alessandria, al 12,7%, mentre Cuneo è all’11%: una percentuale superiore sia all’Italia che alla media piemontese. Le tre province dove la popolazione straniera è aumentata di più in 10 anni sono Vercelli, Biella e Alessandria: nelle stesse tre province la popolazione italiana è calata maggiormente (a Cuneo il calo è stato del 2,4%, a fronte di un +6,6% di stranieri). “Si può vedere qui una sorta di effetto sostituzione nelle province, dove c’è stato un calo più sensibile della popolazione italiana” sottolinea il responsabile del centro studi camerale. Il “salto” a livello nazionale è visibile nell’arco dell’ultimo ventennio: la popolazione italiana è calata del 3,5%, quella straniera è aumentata del 91,7%.
Il “modello Saluzzo” fa scuola (anche nelle Langhe)
La presentazione del report è stata anche l’occasione per fare il punto sul quadro dell’accoglienza in provincia di Cuneo. Nella Granda, ricorda il prefetto Mariano Savastano, “persiste un problema abitativo e alcuni stranieri presentano un elevato profilo di vulnerabilità”. Non è tutto oro quel che luccica nemmeno sul fronte delle garanzie lavorative: “Il fenomeno del caporalato, sebbene più noto e diffuso nel Sud Italia, è una realtà anche nel Cuneese”. Ciononostante il distretto della frutta saluzzese ha saputo dotarsi di “un modello di accoglienza che è diventato un caso di studio nazionale”. Un modello, sottolinea il prefetto, “socialmente ed eticamente sostenibile: sono stati creati ad oggi 235 posti di accoglienza e non si tratta di tendopoli, ma di piccoli alloggi distribuiti sul territorio o container”. Questa impostazione, destinata ad estendersi (i posti diventeranno quasi 300 il prossimo anno), è stata ripresa di recente anche per i lavoratori impegnati nella vendemmia nelle Langhe: qui però, ammette il funzionario, le soluzioni alloggiative incontrano maggiori difficoltà rispetto al Saluzzese.

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