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AISONE - Tuesday 21 October 2025, 11:08

Il mistero dello scheletro interroga gli archeologi: chi era la donna sepolta nelle grotte di Aisone?

Il ritrovamento, a sorpresa, durante l’ultima campagna di scavo. Non si sa chi fosse quella persona, vissuta intorno al Cinquecento, e perché sia stata tumulata lì
Il mistero dello scheletro interroga gli archeologi: chi era la donna sepolta nelle grotte di Aisone?
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È il principale ritrovamento di una campagna di scavo che gli archeologi dell’università di Milano hanno condotto a partire dal 2024, in una falesia a nord dell’abitato di Aisone. Uno scheletro “magnificamente conservato”, secondo la definizione che ne dà il professor Umberto Tecchiati, coordinatore della campagna: “Inizialmente ho pensato che la tomba fosse precedente alla fase Neolitica: a una datazione molto antica ci faceva pensare la posizione supina della defunta, caratteristica delle sepolture Paleolitiche e Mesolitiche”.

Solo in seguito è emerso che si tratta invece di una sepoltura abbastanza “recente”, in termini archeologici. Dalla datazione radiocarbonica si è appurato che quella persona, una donna, visse tra la metà del Quattrocento e i primissimi decenni del Seicento. La presenza di amido di mais nel tartaro dentale suggerisce che non possa essere deceduta prima della scoperta dell’America. Ma perché il suo corpo trovò il riposo eterno in quel luogo? “Siamo in un’epoca in cui chiunque morisse veniva sepolto in un cimitero, questa donna è invece sepolta fuori da uno spazio consacrato: ne nascono un’infinità di interrogativi” osserva l’archeologo.

Quel che pare assodato è che si trattasse di una figura marginale nella comunità: gli indizi, oltre che dalla sepoltura, arrivano dalla sua dieta. Era principalmente vegetariana, con uno scarso apporto di proteine animali e nessun consumo di pesce. Al momento del decesso doveva essere in un’età compresa tra i 44 e i 55 anni. “Non godeva di buona salute” conferma l’archeologa Sara Fumagalli: sullo scheletro si possono notare placchette arteriosclerotiche, ossificazioni legate tendenzialmente all’età ma che aumentano con la vita in ambienti freddi. La sua epoca, d’altronde, era quella della cosiddetta piccola era glaciale: chi viveva in valle Stura nel XVI secolo fronteggiava un clima molto più freddo di quello attuale.

“Gli indizi ci portano a credere che potesse essere stata sepolta in una fossa scavata nel terreno, perché le ossa non hanno avuto spazio per spostarsi” spiega la ricercatrice: a causa della posizione degli arti, si pensa non fosse stata nemmeno avvolta in un sudario. Difficile, tuttavia, che sia stata vittima di omicidio: “Questa persona ha ricevuto una sepoltura ordinaria ma composta” afferma il funzionario della Soprintendenza Gian Battista Garbarino. “La sepoltura - aggiunge - potrebbe essere ricondotta al fenomeno delle sepolture anomale, presente in diverse epoche, ma non del tutto: le sepolture anomale sono legate a figure che dovevano essere esorcizzate post mortem. Avvenivano per esempio con la deposizione di una pietra sul corpo, in posizione prona o addirittura, in epoca romana, con incatenamenti del defunto. Tutto questo nella sepoltura di Aisone non c’è”.

Il mistero insomma permane, e potrebbe essere dipanato solo con nuovi studi. C’è almeno un “cold case” archeologico, ricorda il professor Tecchiati, la cui vicenda è stata studiata alla luce della teoria e dei metodi della criminologia: si parla del celeberrimo uomo del Similaun. “Mi chiedo - osserva il docente - se un domani che avremo raccolto maggiori informazioni queste potrebbero essere utilizzate da un criminologo per costruire una storia”. Lo scheletro è attualmente oggetto di analisi specialistiche presso il laboratorio Bagolini dell’università di Trento, per ricostruire un quadro d’insieme sullo stato di salute, l’occupazione svolta in vita e le possibili cause di morte. Quel che si può già dire, nel frattempo, è che i resti rappresentano “un rinvenimento estremamente importante per ricostruire un’epoca ancora poco documentata nella storia della valle Stura”.

Gli scavi archeologici ad Aisone

Le grotte di Aisone, un tesoro ancora da scoprire

La falesia di Aisone, costituita da una trentina di cavità, appare come un sito archeologico ad altissima potenzialità: basti dire che, sui due chilometri di estensione complessiva, gli scavi attuali stanno indagando circa il 10% dell’intera area. Un “viaggio nel tempo profondo” che ha condotto gli autori della ricerca dal Mesolitico all’età moderna, in periodi diversi durante i quali le grotte erano state abitate. Le ricerche si sono concentrate su due punti in particolare: nel cosiddetto riparo 10 è stato individuato un lembo di deposito archeologico databile al Neolitico, insieme a un livello più profondo con carboni e tracce di frequentazione antropica che potrebbe risalire al Mesolitico (tra il IX e il VI millennio a.C.). Nel riparo 10, l’ampliamento del settore di scavo ha portato alla luce frammenti di ceramica e resti faunistici, databili forse alla seconda metà del IV millennio avanti Cristo. Il ritrovamento di una serie di buche per palo indica che l’area prossima all’ingresso era stata strutturata come un ricovero temporaneo o stagionale. Resti umani sparsi, interpretabili come quel che resta di antiche sepolture sconvolte, indicano inoltre il carattere funerario del riparo 19, forse in connessione con la vicina sorgente.  Per ottenere datazioni più precise sui reperti preistorici, sarà necessario incrementare le analisi radiocarboniche, inviando nuovi campioni al laboratorio dell’università di Vienna, in aggiunta a quelli già provenienti dalle ricerche del 2024.

Gli scavi di Aisone

Costa Nebbiera e le incisioni di epoca romana

La Soprintendenza ha portato avanti di recente anche un’altra complessa indagine nel territorio di Bernezzo, a quasi mille metri di quota, in località Costa Nebbiera. Qui è stata ritrovata una notevolissima quantità di incisioni e figure di animali, prevalentemente datate all’età romana: “Abbiamo identificato anzitutto un grandissimo numero di testi ancora in via di interpretazione, è evidente la presenza di numerosi termini onomastici su questa parete di roccia: il perché non è ancora chiaro” spiega Garbarino. L’orizzonte temporale è quello del primo e secondo secolo dopo Cristo. Costa Nebbiera si trova proprio al confine di due agri di città romane, Forum Germanorum (san Lorenzo di Caraglio) e Pedona (Borgo San Dalmazzo): “Centri importanti per la gestione dei traffici transalpini e incaricati della riscossione della quadragesima galliarium, il dazio per chi entrava in Italia”. Testimonianze di un passato in cui la valle Stura rappresentava un crocevia di scambi anche a livello culturale e religioso.

Andrea Cascioli
luogo AISONE
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Tag:
Valle Stura - Bernezzo - Archeologia - Soprintendenza - Milano - Aisone - Storia - Università - scavi - Sepoltura - grotta - Umberto Tecchiati - Sara Fumagalli - Costa Nebbiera - Gian Battista Garbarino
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